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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-03-17 ad oggi 2010-03-17

inchiesta rai-agcom/SANTORO SENTITO 2 ORE DAI PM. il PREMIER: "LIBERTà MUTILATA"

Ispettori a Trani, scontro Csm-Alfano

Il Guardasigilli: "Violata la Costituzione"

Il ministro contesta l'ok a una pratica sull'ispezione. I pm di Trani: "Gli 007 Via Arenula non vedranno gli atti"

Le intenzioni di partenza erano ottime. Le authority dovevano essere gli anticorpi della società moderna contro i soprusi dei monopoli, l’avidità degli speculatori e le intrusioni improprie della politica. Compiti da far tremare i polsi a chiunque, in un Paese con una lunga tradizione statalista dove il mercato ha sempre faticato ad affermarsi. Il requisito fondamentale per assolverli con efficacia era l’indipendenza. Una indipendenza non soltanto formale: nomine non influenzate dalla politica, autonomia finanziaria e possibilità di mostrare i muscoli.

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Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

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Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero (Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):

…..

AVVENIRE

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2010-03-17

17 Marzo 2010

RAI-AGCOM

Inchiesta Trani, Capristo: "Leale incontro con ispettori"

"Perchè non si alimentino fantasie, tengo a precisare che l'audizione di ieri sera si è svolta in un clima di grande serenità e di leale collaborazione: non c'è nessuna contrapposizione". Lo ha detto al suo arrivo al Palazzo di Giustizia di Trani il procuratore della Repubblica Carlo Maria Capristo. "Leale collaborazione - ha sottolineato Capristo rispondendo a una domanda - significa rispetto delle regole da parte di tutti". In giornata si attende l'arrivo degli avvocati del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini e Filiberto Palumbo.

Una cosa è certa: "Tutto ciò che non è stato reso noto agli indagati non sarà reso noto agli ispettori". Prima di accomodarsi per il lungo confronto con il capo dell’Ispettorato generale del ministero della Giuistizia Arcibaldo Miller e con la collega che lo affianca nella delicata missione disposta dal Guardasigilli Angelino Alfano, il sostituto procuratore di Trani Michele Ruggiero ha voluto precisare questo punto. Insomma, esiste il segreto istruttorio e il fascicolo d’indagini è blindato. In teoria, perché lo stesso segreto è stato largamente violato quando il contenuto delle telefonate, intercettate, tra Silvio Berlusconi, Augusto Minzolini e Giancarlo Innocenzi è finito su un quotidiano. E proprio intorno a quel segreto violato si è scatenato, ieri, lo scontro tra il ministro della Giustizia e il Consiglio superiore della magistratura.

Per quel motivo, ha spiegato Alfano, gli ispettori sono partiti da Roma: "Il loro scopo, senza interferire nell’inchiesta, è quello di contribuire ad accertare quanto è accaduto, principalmente in riferimento alla presenza di "talpe", che ci auguriamo vengano immediatamente individuate e punite". Del resto, al momento della pubblicazione, il presidente del Consiglio, il direttore del Tg1 e il commissario dell’Autorità garante per le Comunicazioni non sapevano di essere indagati, il primo per concussione e "minacce a un corpo amministrativo", il secondo proprio per "rivelazione di segreti inerenti a procedimento penale" e l’altro per favoreggiamento. Lo hanno appreso solo lunedì sera, a mezzo stampa.

Questo, per il ministro, è inammissibile. Così come "è inaccettabile e viola la Costituzione", in particolare l’articolo 107 (che attribuisce al Guardasigilli il potere di promuovere l’azione disciplinare), la decisione del Csm di "indagare" a sua volta sulla condotta che terranno gli ispettori: "È quanto di più grave si sia mai visto da parte di questo organismo", ha affermato Alfano, convinto che il Csm avrebbe dovuto invece "aprire una pratica per controllare perché presso un ufficio giudiziario vi sia stata una gravissima violazione del segreto d’indagine", verificare "come e perché" Berlusconi e gli altri siano stati intercettati, "investigare su come sia possibile che la competenza di questi fatti sia ancora oggi mantenuta a Trani in palese violazione di legge", accertare come "un’accusa sortisca contro il premier a pochi giorni dalle elezioni".

Al contrario, secondo Alfano dovrebbe essere "un elemento di serenità e di garanzia per tutti i cittadini essere consapevoli che quando c’è qualcuno che rivela segreti d’ufficio e fa la "talpa" negli uffici giudiziari, sono i magistrati stessi a occuparsene, anche con il sostegno di altri magistrati".

Tali sono, infatti, gli ispettori ministeriali che ieri pomeriggio hanno cominciato a indagare sull’operato del procuratore capo di Trani Carlo Maria Capristo e su quello del suo sostituto Ruggiero. Ma la cordialità che talvolta deriva dalla colleganza, se c’è stata, non è emersa. Almeno, non quanto il gelo delle parole di Ruggiero.

I colloqui, durati complessivamente cinque ore e definiti "molto corretti" da quest’ultimo, si sono svolti nel palazzo di giustizia di Bari, al terzo piano, dove si trovano gli uffici della Corte d’appello e della Procura generale. Non c’erano gli altri tre magistrati che lavorano all’inchiesta finita sotto la lente ministeriale. "Non sono venuti perché io sono il titolare del fascicolo", ha spiegato Ruggiero, dicendosi comunque "sereno e tranquillo". La stessa serenità professata nei giorni scorsi dal capo della procura, il primo a essere sentito dagli ispettori. L’ispezione disposta da Alfano è stata attaccata duramente dall’Italia dei valori. Per Antonio Di Pietro, il ministro e il premier Berlusconi "si stanno comportando in perfetto stile mafioso, minacciando e denigrando i magistrati che cercano di fare il proprio dovere: quelli di Trani sono gli ultimi di una catena".

Danilo Paolini

 

 

 

 

 

17 Marzo 2010

BERLUSCONI

La sfida del premier:

"Libertà mutilata. In massa alle urne"

"La vicenda della procura di Trani che controlla il presidente del Consiglio che parla al telefono è un grave segno di libertà mutilata e offesa". Silvio Berlusconi si sofferma su quelle ultime due parole: mutilata e offesa. Le ripete. Anche nelle conversazioni più private. Poi, senza cambiare tono di voce, allarga il ragionamento e sferra l’ultimo atto d’accusa contro quei magistrati che "spendono il denaro del contribuente per fare costose intercettazioni a tappeto e cercare delle ipotesi di reato in ciò che il presidente del Consiglio dice da mesi in tutte le sedi, sia in privato sia in pubblico". Prende fiato il premier prima di scandire l’affondo finale. "... Il tutto in violazione della competenza territoriale e dell’intero codice di procedura".

Chiuso quasi tutto il giorno nella roccaforte romana di palazzo Grazioli, Berlusconi riflette silenzioso. Pensa alla grande manifestazione di sabato. Al voto di fine mese. E all’ultima offensiva della magistratura. Poi ripete: "Da quando sono sceso in campo, alla vigilia di ogni sfida elettorale, l’alleanza ormai scoperta tra la sinistra e una parte della magistratura interviene indebitamente per influenzare il voto dei cittadini". Attacchi a orologeria? Il premier annuisce. "Sì, attacchi a orologeria... Ci hanno provato in Lombardia e a Roma dove non hanno consentito la presentazione delle nostre liste ed hanno cercato di far credere a tutti che la colpa fosse dei nostri delegati...". Una pausa. Lunga. Per pensare. Poi ancora un colpo. "Ci provano anche con le ormai consuete accuse ad orologeria enfatizzate dai giornali compiacenti... Di fronte a questo ultimo attacco, però, non possiamo rimanere indifferenti, dobbiamo reagire".

Reagire? "Andremo in piazza: non lo facciamo mai, ma a Roma dicono "quando ci vuole ci vuole"... Lo faremo per reclamare il nostro diritto al voto anche a Roma e per difendere la nostra libertà di parlare al telefono e di non essere spiati". È l’ennesimo affondo contro la "magistratura politicizzata". Berlusconi alza la voce contro le ultime offensive delle toghe. "Mosse pensate per sottrarre molto tempo all’attività di governo e c’è da chiedersi – confida il Cavaliere – se una delle finalità sia proprio impedire al presidente del Consiglio di lavorare". Bisogna reagire, ripetono ai piani alti di Palazzo Grazioli. Con la manifestazione di sabato. Ma anche con una "riforma radicale" della giustizia che non è più rinviabile.

È un momento complicato. Ma nonostante tutto il premier prova a guardare avanti con ottimismo. "Vedrete a piazza San Giovanni saremo in 500 mila", ripete il premier ai suoi collaboratori più stretti. Poi con la testa al voto regionale esorcizza il rischio astensione. "Oltre ad insultare e demonizzare l’avversario la sinistra cerca di seminare il dubbio dell’astensione per spingere i moderati a non votare". Ma non sarà così. "Gli italiani hanno capito da un pezzo il gioco della sinistra che è sempre più scoperto e sempre più pericoloso... Sono sicuro che tutti i moderati e i riformisti reagiranno a questa tendenza e andranno in massa alle urne per difendere legalità e democrazia".

Arturo Celletti

 

 

 

 

 

17 Marzo 2010

CSM

Mancino: non si può comprimere l'indagine

La pratica sull’ispezione ministeriale a Trani sarà aperta, mentre per il momento resta in sospeso la possibilità di un intervento sul caso di Cosimo Maria Ferri, il consigliere finito nella rete delle intercettazioni della procura pugliese mentre parlava al telefono con il commissario di Agcom Giancarlo Innocenzi. "Io sono tranquillo, la mia posizione è chiarissima e continuo a camminare a testa alta", ha ripetuto ieri Ferri.

La decisione del comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura di vigilare sull’operato degli 007 di Alfano, invece, è stata così illustrata dal vicepresidente Nicola Mancino: "Abbiamo affidato alla sesta commissione il compito di ribadire quali siano i confini tra ispezione e indagine giudiziaria – ha precisato –. L’indagine giudiziaria non può essere compressa dall’ispezione, bisogna rispettare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura requirente".

Contrario il "laico" del Pdl Michele Saponara: "Il Csm ha perso una buona occasione per dimostrarsi al di sopra delle parti". Ma questa è una linea "di data antica", ha ricordato Mancino. In effetti, non è la prima volta che l’organo di autogoverno delle toghe si occupa della materia: nel 2003 si tenne anche un plenum con l’allora Guardasigilli Roberto Castelli sul rapporto tra segreto investigativo e ispezioni, dopo che la procura di Milano si era rifiutata di aprire agli inviati ministeriali il famoso fascicolo 9520, dal quale vennero stralciati i processi Imi-Sir, Lodo Mondadori e Sme ma che continuò a esistere senza indagati e con un contenuto misterioso.

Come accadde allora, la palla passa adesso alla sesta commissione. Bocce ferme, invece, sulla vicenda di Ferri. Ieri il consigliere di Magistratura indipendente (la corrente moderata dell’Anm, la sola attualmente all’opposizione della giunta esecutiva del sindacato dei magistrati) è stato ascoltato per un quarantina di minuti dal comitato di presidenza, formato da Mancino, dal primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone e dal procuratore generale Vitaliano Esposito. Sulla testa del consigliere pende la richiesta, avanzata da 15 colleghi, di un intervento per "scongiurare che il Csm venga, anche solo strumentalmente, coinvolto nelle polemiche in atto".

Ferri esclude che ciò possa accadere: "Non credo assolutamente di aver messo in imbarazzo il Csm. Io sono una cosa, il Csm un’altra". Analoga la dichiarazione di Mancino in proposito: "Non sono imbarazzato. Abbiamo ascoltato Ferri, che ci ha consegnato una buona memoria scritta, ora dobbiamo approfondire. Non so quando decideremo, penso nelle prossime riunioni del comitato di presidenza".

Danilo Paolini

 

 

 

16 Marzo 2010

PAR CONDICIO

La vigilanza Rai conferma

lo stop ai talk show

Nessuna marcia indietro in Commissione di Vigilanza sul regolamento sulla par condicio: è l'orientamento emerso oggi nel corso dell'audizione del direttore generale della Rai Mauro Masi. Il dg, su mandato del Cda, chiedeva una nuova determinazione della commissione sulle norme relative ai talk show. Ma la maggioranza della bicamerale ha ritenuto di confermare l'attuale formulazione del regolamento.

Zavoli. "L'opinione pubblica giudica un pò stucchevole questo rimpallo sul regolamento per la par condicio, una querelle, un ribollire di cose, che riproducono sempre la stessa situazione senza venire a capo di nulla". In apertura dei lavori della Vigilanza il presidente della Commissione, Sergio Zavoli, ha stigmatizzato in questi termini il rimbalzo di responsabilità con l'azienda di questi giorni.

Zavoli ha ribadito che in ogni caso "il regolamento non giustifica l'idea che si possa mettere la mordacchia alle trasmissioni di approfondimento politico", e replicando alle osservazioni del presidente della Rai Paolo Garimberti, ha ricordato che "la Vigilanza aveva già battuto un colpo, chiedendo ai vertici dell'azienda di simulare con urgenza un palinsesto che salvasse i talk show".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

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2010-03-17

inchiesta rai-agcom/SANTORO SENTITO 2 ORE DAI PM. il PREMIER: "LIBERTà MUTILATA"

Ispettori a Trani, scontro Csm-Alfano

Il Guardasigilli: "Violata la Costituzione"

Il ministro contesta l'ok a una pratica sull'ispezione. I pm di Trani: "Gli 007 Via Arenula non vedranno gli atti"

TRANI - È scontro tra il Csm e Angelino Alfano sugli ispettori inviati dal ministro della Giustizia a Trani, sede dell'inchiesta sulle presunte pressioni di Silvio Berlusconi per bloccare Annozero. Il Guardasigilli contesta a Palazzo dei Marescialli il via libera a una pratica sull'ispezione. "L'iniziativa è quanto di più grave si sia mai visto da parte di questo organismo ed è un comportamento inaccettabile che viola la Costituzione e vulnera il sistema democratico della divisione dei poteri" spiega il ministro. D'altra parte, il Csm tira dritto e affida la sua posizione alle parole del vicepresidente Nicola: "L'indagine giudiziaria non può essere compressa dall'ispezione". A Trani è stato il giorno degli ispettori e di Michele Santoro. In mattinata, il giornalista è stato sentito per due ore dai magistrati. Nel pomeriggio, il palazzo di giustizia della cittadina pugliese ha ospitato l'incontro, durante più di cinque ore, tra gli uomini inviati dal Guardasigilli e i magistrati. A spiegare la linea della procura di Trani sugli ispettori è stato Michele Ruggiero: in una pausa dei lavori, il pm titolare dell'inchiesta ha confermato ai cronisti che gli uomini del ministero della Giustizia non vedranno i fascicoli dell'inchiesta né tutte le parti coperte dal segreto istruttorio. "Tutto quello che non è stato reso noto agli indagati non sarà reso noto agli ispettori" ha aggiunto Ruggiero. In precedenza, Alfano aveva difeso però la scelta di inviare gli ispettori, spiegando che gli uomini di Via Arenula contribuiranno "all'accertamento di quanto accaduto principalmente in riferimento alla presenza di talpe, che ci auguriamo - ha sottolineato il Guardasigilli - vengano immediatamente individuate e punite". Anche Berlusconi è tornato sulla vicenda di Trani: in una lettera inviata ai Club della Libertà, il presidente del Consiglio ha parlato di "accuse ad orologeria". Poi, in un nuovo videomessaggio ai Promotori della Libertà e in un'intervista a Studio Aperto, ha definito l'intera faccenda "un grave segno di libertà mutilata e offesa". I suoi legali, Niccolò Ghedini e Filiberto Palumbo, saranno a Trani mercoledì per incontrare i pm.

"PARTE CIVILE" - Santoro è stato sentito in mattinata come persona informata dei fatti. "Non posso fornire alcun elemento - ha affermato il conduttore di Ann0zero al termine dell'audizione - non si possono dare informazioni sul contenuto del colloquio avuto con i magistrati". "Per quanto riguarda le pressioni che ci sono state su Annozero - ha proseguito Santoro - credo che siano pressioni di dominio pubblico". "Pressioni pubbliche ci sono sempre state - ha detto anche il giornalista -, editti bulgari sono stati pronunciati e mai rimossi e contemporaneamente si è andati anche a chiudere, con una decisione storica, negativa, tutti i programmi di approfondimento informativi in campagna elettorale, sottraendo un servizio pubblico importante all'opinione pubblica che ha diritto ad essere informata". Quanto all'ipotesi di costituirsi parte civile, Santoro ha poi spiegato: "Come è stato detto da alcuni miei collaboratori, ho semplicemente detto di considerare la possibilità da parte mia di valutare la mia posizione di persona offesa".

ALFANO E GLI ISPETTORI - Gli ispettori inviati dal ministero della Giustizia, Arcibaldo Miller, e una sua collega, hanno incontrato il capo della Procura di Trani, Carlo Maria Capristo e il pm di Trani, Michele Ruggiero. Gli inviati ministeriali - ha chiarito Alfano prima dell'incontro - devono "contribuire all'accertamento di quanto avvenuto relativamente ad alcune patologie che sono sotto gli occhi di tutti", ma "non interferiscono, non possono e non vogliono con le indagini". Tre in particolare i nodi che sono chiamati a verificare: eventuali irregolarità nell'utilizzo delle intercettazioni ("a strascico", le ha definite il ministro), la competenza territoriale della Procura di Trani, anziché di quella di Roma, e la fuga di notizie ("gravemente immorale oltre che illegale").

L'INCHIESTADI TRANI - Nel registro delle notizie di reato - a quanto si è appreso - sarebbero iscritti il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per concussione e minacce (reati commessi, secondo l'accusa, ai danni dell'Autorità garante delle comunicazioni), il commissario Agcom, Giancarlo Innocenzi, per favoreggiamento (in un interrogatorio del 17 dicembre scorso avrebbe negato di aver ricevuto pressioni dal premier perché fossero presi "provvedimenti" contro la trasmissione di Santoro), e il direttore del Tg1, Augusto Minzolini, per violazione del segreto investigativo (avrebbe reso noto il contenuto dell'interrogatorio al quale era stato sottoposto dalla Procura di Trani).

IL CSM - Quanto al Csm, che nel pomeriggio ha dato il via libera all'apertura della pratica sull'ispezione disposta da Alfano a Trani, il Guardasigilli Alfano ha assicurato che non esiste alcun conflitto tra il ministero da lui guidato e il Consiglio superiore della magistratura, sottolineando però che l’organo di autogoverno della magistratura, "deve risolvere i problemi della giustizia e non fare politica". Il Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli ha ascoltato il consigliere del Csm Cosimo Ferri in merito alle conversazioni telefoniche con il commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi, intercettate nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Trani. L'audizione è durata una quarantina di minuti. "Sono molto soddisfatto" ha detto Ferri al termine dell'audizione. Il consigliere del Csm ha depositato una memoria nella quale ribadisce quanto già spiegato lunedì in un comunicato, e cioè la natura assolutamente lecita delle sue conversazioni. La sua posizione sarà valutata dai vertici del Csm in una nuova riunione, probabilmente già in settimana.

L'ARCIVESCOVO - Sull'inchiesta Rai-Agcom è intervenuto anche Giovanni Battista Pichierri, arcivescovo di Trani. "Chiunque, specie se occupa posti di responsabilità nella scala sociale, ha il diritto ed anche il dovere di badare a che si seguano linee rispettose della dignità delle persone nella informazione, di imparzialità e pluralismo. Questo non mi sembra uno scandalo, tanto meno qualche cosa che va contro l'etica" spiega il monsignore. "Non entro - spiega in un'intervista al sito Pontifex - nelle vicende giudiziarie. Ma secondo legge naturale se un uomo di responsabilità pubbliche richiama qualche incaricato a maggior serenità, credo che agisca nell'esercizio delle sue prerogative e del bene comune, se segue la legge".

Redazione online

16 marzo 2010(ultima modifica: 17 marzo 2010)

 

 

l'intervista | Il direttore generale Rai: mai avute pressioni dal premier

"Sul direttore indagato

seguirò le procedure"

Masi: ma per il palinsesto non potevo fare altro

l'intervista | Il direttore generale Rai: mai avute pressioni dal premier

"Sul direttore indagato

seguirò le procedure"

Masi: ma per il palinsesto non potevo fare altro

Mauro Masi

Mauro Masi

ROMA —Direttore generale Mauro Masi, la Rai resta senza talk show. Le proteste non si contano…

"Qualcuno spieghi alla Rai perché dovrebbe disapplicare un regolamento emanato dal suo "editore", la commissione di Vigilanza. Persino il Tar ha ritenuto di non dover intervenire. Per cambiare rotta, ci vorrebbe un altro indirizzo della Vigilanza… ".

Ma il regolamento Beltrandi non parla di chiusura…

"Sì, ma applicare le regole delle tribune politiche ai talk-show dal vivo sarebbe stato impossibile. Così come sarebbe stato impossibile mandarli in onda senza argomenti in alcun modo politici e/o elettorali. Un noto conduttore mi ha scritto: se lavoriamo senza politica, dovrete dirmi voi quali sono i temi… ".

Era Bruno Vespa? Michele Santoro? Giovanni Floris?

"Niente nomi. Non violo la privacy aziendale".

Comunque il Tar ha ritenuto illegittimo quel regolamento, l’Agcom e il presidente Zavoli vi hanno invitato a rivedere la vostra decisione. E sarebbe stato impensabile che l’Agcom vi sanzionasse per uno strumento che lei stessa ha ritirato. Non bastava tutto ciò?

"Il parere di Zavoli, pur autorevole era personale: la Vigilanza si esprime e vota come commissione. L’Agcom ha emanato un regolamento per le tv private. E qui non è questione di multe. Ma di indicazioni della Vigilanza e di rispetto delle norme".

Dunque ha ragione Garimberti quando dice alla Vigilanza che avrebbe dovuto "battere un colpo"…

"Il presidente Garimberti sa cosa dice…".

Ma la Rai senza talk show avrà un bel danno economico e anche in termini di ascolti…

"La Sipra mi ha scritto il 3 marzo assicurandomi che non ci saranno danni perché sono stati raggiunti accordi con gli inserzionisti per spostare gli spot. Quindi il danno economico, parola della Sipra, sarà zero. Gli ascolti? La Rai resta leader e continua a battere la concorrenza".

Caso Minzolini. Il direttore del Tg1 è indagato a Trani.

"Voglio premettere che considero Minzolini un ottimo professionista come Mario Orfeo e Bianca Berlinguer, direttori nominati dal Cda Rai su mia indicazione che stanno portando un vento di rinnovamento e gli ascolti li premiano. In particolare Minzolini sta cercando di innovare lo stile del Tg1 e come accade agli innovatori viene a volte criticato in maniera preconcetta. Detto questo, nella vicenda Trani ci regoleremo secondo la governance aziendale. E informerò puntualmente il Cda su ogni minima novità al riguardo ".

Vuol dire che è stata aperta un’indagine, un "audit"?

"Non sono in grado di dire di più".

Stando alle intercettazioni, secondo lei il tipo di rapporto Minzolini-Berlusconi è da servizio pubblico?

"Non esprimo pareri su una vicenda dai contorni ancora indefiniti. Per ora conosciamo solo articoli di giornali".

Ma perché lei ha scritto al presidente dell’Agcom, Corrado Calabrò, chiedendo un parere preventivo sul contratto di Marco Travaglio e in sostanza su "Annozero"? Cercava uno strumento per una censura preventiva?

"Ringrazio per la domanda. Ma di che censura parliamo? A settembre ho chiesto all’Agcom se la diffida della stessa Agcom del 21 gennaio 2009 (prima che io entrassi in Rai) fosse ancora valida. Il segretario generale Roberto Viola mi ha risposo di sì, ricordando che "darebbe luogo a una violazione della diffida qualsiasi comportamento inosservante della Rai in qualsiasi trasmissione che violasse le regole" e che la multa poteva arrivare fino al 3% del fatturato. Ho inviato la risposta a tutte le strutture giornalistiche, non solo a Santoro. Ma poi il contratto di Travaglio è partito. Santoro è andato in onda regolarmente. Io individuo con severità le regole. Poi non intervengo sul merito ".

Ha avuto pressioni da Berlusconi perché chiudesse "Annozero" e mandasse a casa Michele Santoro?

"Mai avute pressioni da alcuno e di alcun tipo".

Ma lei ha parlato con Innocenzi delle pressioni che Berlusconi avrebbe fatto su di lui. Lei, Masi, avrebbe detto che "nemmeno nello Zimbabwe" la politica cerca di chiudere una trasmissione prima che vada in onda.

"Al telefono si fanno tante battute. E io ho rapporti, a causa del mio incarico, con diverse autorità. Ciò che conta veramente, e di questo rispondo, sono gli atti aziendali e i risultati. Tutte le trasmissioni sono andate in onda. E sfido chiunque a dimostrare l’esistenza di qualsiasi mia pressione sui contenuti".

Mai pressioni nemmeno su "Parla con me" che piace così poco al consigliere Alessio Gorla?

"Niente pressioni né sulla Dandini né, per fare altri esempi di trasmissioni "difficili", su "Report". Basta che si rispettino le regole aziendali".

Però dica adesso la verità: Santoro le piace?

"È senz’altro un grande professionista della tv. Ma anche lui, come tutti, noi è un dipendente dell'azienda Rai".

Paolo Conti

17 marzo 2010

 

 

 

 

 

agcom, antitrust e la mano della politica

Quelle authority sotto tutela

agcom, antitrust e la mano della politica

Quelle authority sotto tutela

Le intenzioni di partenza erano ottime. Le authority dovevano essere gli anticorpi della società moderna contro i soprusi dei monopoli, l’avidità degli speculatori e le intrusioni improprie della politica. Compiti da far tremare i polsi a chiunque, in un Paese con una lunga tradizione statalista dove il mercato ha sempre faticato ad affermarsi. Il requisito fondamentale per assolverli con efficacia era l’indipendenza. Una indipendenza non soltanto formale: nomine non influenzate dalla politica, autonomia finanziaria e possibilità di mostrare i muscoli.

Così doveva essere. Ma così non è stato esattamente. Le nostre authority hanno poteri limitati e spesso li esercitano timidamente. Anche perché le loro decisioni sono perennemente sotto il tiro dei ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato. Per giunta, sono state anche ingolfate di competenze insensate, totalmente prive di alcun potere sanzionatorio, come quelle sul conflitto d’interessi appioppate all’Antitrust e al Garante per le comunicazioni. L’autonomia finanziaria è quella che è, se si pensa che alla fine dello scorso anno era stato proposto un fondo unico (non a tutti gradito) con l’idea di risolvere il problema e alla fine si è resa necessaria una colletta fra le autorità per soccorrere qualcuna di esse in difficoltà economica. Per non parlare poi dell’influenza della politica. I meccanismi di nomina, tutti diversi l’uno dall’altro, offrono ai partiti spazi di penetrazione enorme. Dei 58 commissari che governano le dieci autorità considerate "indipendenti", ben 17 sono di emanazione diretta della politica: ex parlamentari o ex esponenti dei governi di vario colore. Quasi uno su tre. Di questi, ben cinque su otto componenti sono nel solo Garante per le comunicazioni: dove il presidente è indicato dal governo e gli otto componenti sono nominati per metà dalla maggioranza e per metà dall’opposizione.

Alla luce di ciò, ben si comprende perché non sia mai andata in porto la riforma, annunciata dal centrodestra e dal centrosinistra, che avrebbe dovuto rendere omogenei i criteri di nomina sottraendoli alle logiche spartitorie. E anche perché un’authority come quella dell’Energia, i cui componenti sono designati con un sistema bipartisan, cioè a maggioranza qualificata dalle commissioni parlamentari, sia monca di tre commissari su cinque da addirittura un quinquennio. Mentre negli ultimi due anni si sono registrati in Parlamento almeno quattro tentativi di limitarne i margini di manovra su suggerimento del governo.

La verità è che una riforma del genere nessuno la vuole. Meglio avere a che fare con autorità "formalmente" indipendenti ma che nella sostanza sono permeabili dalla politica. O che almeno la politica può trattare come una comoda foglia di fico da mettere o togliere a piacimento. Con risvolti talvolta assurdi. Un caso? L’Autorità delle comunicazioni può sanzionare i programmi Rai che non rispettano in campagna elettorale le parità di condizioni fra i vari partiti, non può mettere bocca sulle regole della par condicio se queste riguardano la tivù di Stato. Di quelle si occupa la commissione parlamentare di vigilanza. Con il risultato che i talk show "privati" sono di competenza dell’authority e quelli "pubblici" del Parlamento. Con tutta la buona volontà, ma che senso ha?

Sergio Rizzo

17 marzo 2010

 

 

 

confronto acceso durante "otto e mezzo"

Scontro in tv tra Bondi e De Magistris

"Si vergogni"; "Stia zitto, servo"

Il ministro: "Lei è un irresponsabile". L'esponente Idv: "E lei vuole criminalizzare l'opposizione"

confronto acceso durante "otto e mezzo"

Scontro in tv tra Bondi e De Magistris

"Si vergogni"; "Stia zitto, servo"

Il ministro: "Lei è un irresponsabile". L'esponente Idv: "E lei vuole criminalizzare l'opposizione"

- Il confronto tra Sandro Bondi e Luigi De Magistris nella diretta della trasmissione 'Otto e mezzo' dell'emittente La7 si è concluso con uno scontro verbale molto acceso. La conduttrice Lilly Gruber ha chiesto al coordinatore del Pdl se tema atti di violenza contro Silvio Berlusconi. Bondi ha premesso che non compete a lui la sicurezza del presidente del Consiglio. Ma poi ha spiegato che "si sta ricreando purtroppo un clima politico molto simile a quello che condusse all'episodio del souvenir lanciato contro Berlusconi a Milano nel dicembre scorso. Questo lo si deve anche a persone irresponsabili come De Magistris che incitano alla violenza".

LITE - La reazione dell'esponente dell'Idv non è tardata ad arrivare: "Trovo vergognose queste parole del ministro Bondi che tendono a criminalizzare un'opposizione che fa solo il suo lavoro. Questo è un fatto grave". Ma il battibecco non è finito qui. Il ministro dei Beni Culturali si è rivolto al parlamentare europeo dell'Idv in terza persona: "Lui non ha neppure il coraggio di ripetere in televisione quello che dice ogni giorno tentando di criminalizzare il presidente del Consiglio. Si vergogni". De Magistris ha a sua volta alzato il tono della polemica proprio mentre la trasmissione stava per concludersi: "Stia zitto, Bondi, perchè lei è un servo di Berlusconi".

 

15 marzo 2010(ultima modifica: 16 marzo 2010)

 

 

e in una Lettera ai Club della Libertà: "solite accuse ad orologeria"

Berlusconi chiama i suoi alla piazza

"Moderati in massa alle urne"

Intervento a "Studio Aperto": "Manifestiamo per il voto e la privacy. I magistrati vogliono impedirmi di lavorare"

Berlusconi (Ansa)

ROMA - Silvio Berlusconi chiama a raccolta i suoi dai microfoni di Studio Aperto, il tg di Italia 1, e scalda i motori per la manifestazione del 20 marzo a Roma: "Andremo in piazza: non lo facciamo mai, ma a Roma dicono "quando ci vuole ci vuole". Lo faremo per reclamare il nostro diritto al voto anche a Roma e per difendere la nostra libertà di parlare al telefono e di non essere spiati". Sulle elezioni regionali Berlusconi si dice ottimista: "È il gioco pericoloso della sinistra quello di spingere all'astensione, ma sono sicuro che i moderati andranno in massa alle urne". Il premier parla dell'inchiesta di Trani e attacca i magistrati: "È un grave segno di libertà mutilata e offesa. Le reiterate azioni della magistratura sono volte a sottrarre tempo all’azione del governo, anzi viene da pensare che la finalità di tali azioni sia impedire al presidente del Consiglio di lavorare". E gli ultimi avvenimenti "confermano l'esigenza di una riforma radicale giustizia che invece viene usata a fini di lotta politica dalla magistratura".

"ACCUSE A OROLOGERIA" - Poche ore prima il premier aveva stigmatizzato quella che definisce l'alleanza tra sinistra e magistrati in un messaggio indirizzato ai militanti dei Club della Libertà: "Da quando sono sceso in campo, alla vigilia di ogni sfida elettorale, l'alleanza ormai scoperta tra la sinistra e una parte della magistratura interviene indebitamente nella campagna elettorale per influenzare il voto dei cittadini - scrive -. Ci hanno provato in Lombardia e a Roma dove non hanno consentito la presentazione delle nostre liste e hanno cercato di far credere a tutti che la colpa fosse dei nostri delegati. Ci provano anche con le ormai consuete accuse ad orologeria enfatizzate dai giornali compiacenti. Di fronte a questo ultimo attacco, non possiamo rimanere indifferenti, dobbiamo reagire. Per questo motivo vi invito a mobilitarvi per il 20 marzo, quando manifesteremo in difesa del nostro diritto a votare, in difesa del nostro diritto alla privacy".

DI PIETRO E BERSANI - Antonio Di Pietro (Idv) risponde al premier: "Sono le ultime battute del regime al crepuscolo. Lo sproloquio di Berlusconi diventa sempre più imbarazzante. Il copione è il solito: un'opposizione malvagia e i giudici comunisti che non lo lasciano lavorare. Comprendo il suo imbarazzo sulle intercettazioni visto che ancora una volta è stato sorpreso con le mani nella marmellata in palese abuso di potere. Si dimetta, si faccia processare e la smetta di continuare a stravolgere le regole democratiche con le sue leggi ad personam". Pierluigi Bersani (Pd) invita Berlusconi a "smettere di alzare polveroni e concentrarsi sulle cose che contano per gli italiani".

Redazione online

16 marzo 2010

 

 

 

Un Cavaliere nervoso conferma

il timore per l’astensionismo

Fini costretto a precisare che non è in guerra con il capo del governo

L’insistenza con la quale Silvio Berlusconi invita i militanti a "spiegare la verità" agli elettori suona come un segno di debolezza. Significa che il pasticcio delle liste del Pdl bocciate dalla magistratura ha disorientato il centrodestra. La prospettiva di una diserzione dalle urne continua ad essere un timore reale. Il presidente del Consiglio la esorcizza ripetendo che "i moderati" il 28 e 29 marzo andranno a votare. Parlate "a tutti i dubbiosi. La campagna di menzogne e di veleni della sinistra e dei suoi media", aggiunge, "rischia di spingerli verso l'indifferenza". Se non è un grido d’allarme, gli somiglia. Il premier lo rilancerà fino all’ultimo. Deve scuotere un corpo elettorale poco convinto. Per questo tocca tasti che in passato hanno funzionato, come il binomio sinistra-toghe rosse. E fa attaccare il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, che ieri ha dato l’altolà agli ispettori mandati a Trani dal ministro della Giustizia, Angelo Alfano: uno scontro che potrebbe chiamare in causa Giorgio Napolitano, presidente del Csm. Difficile calcolare i contraccolpi dell’inchiesta.

Sono affermazioni che avrebbero un impatto minore se non fossero accreditate implicitamente da una parte del Pdl. L’iniziativa "Generazione Italia" promossa da Gianfranco Fini ha aumentato la confusione: al punto che il presidente della Camera è stato costretto a spiegarla. "È passato", ha detto, "il messaggio che vorrei andare in guerra contro Berlusconi, e non è vero"; ma ha ammesso che "si presta a strumentalizzazioni". Insomma, la resa dei conti nella maggioranza è solo rinviata.

Il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, si è accorto che ormai si chiedono notizie solo sulle correnti interne: segno che esiste il rischio di una "balcanizzazione" del partito unico del centrodestra. La manifestazione voluta dal premier sabato a Roma è lo sforzo estremo per ribaltare la percezione diffusa di una maggioranza divisa; e per riconsegnare all’elettorato un simulacro di unità. Ma si tratta di un’impresa in salita, alla quale Berlusconi sembra credere molto più degli alleati.

Massimo Franco

17 marzo 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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http://www.repubblica.it

2010-03-17

Tutte le carte di Trani. Berlusconi: pm e sinistra condizionano il vot. E il dg Masi spiega

"Dopo la D'Addario c'era spazio per mille interventi... Se stasera Santoro la fa fuori dal vaso..."

Inchiesta Rai, nelle telefonate compare Letta

"Gianni, il premier vuole che fermiamo Santoro"

Il Cavaliere si sfoga per le sue traversie familiari: "Sai quanto ha chiesto mia moglie?

Tre milioni e 600 mila euro al mese. Fanno 45 milioni all'anno, cioè 90 miliardi"dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO

Inchiesta Rai, nelle telefonate compare Letta "Gianni, il premier vuole che fermiamo Santoro"

Gianni Letta

ROMA - Nelle telefonate agli atti dell'inchiesta di Trani spunta il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Intanto Berlusconi attacca: magistrati e sinistra condizionano il voto. E il ministro Alfano rincara la dose: il Csm viola la Costituzione. Dal canto suo la Procura di Trani nega agli ispettori inviati dal ministro il fascicolo dell'inchiesta. Il premier era infuriato al punto da insultare pesantemente Giancarlo Innocenzi, il suo "fedelissimo" all'Autorità garante delle comunicazioni, il quale insieme a Mauro Masi, direttore generale della Rai, veniva sollecitato a fare chiudere Annozero. Letta, stando a quanto risulta dalle intercettazioni telefoniche disposte dalla procura di Trani, era informato della strategia che doveva portare a "imbavagliare" le trasmissioni "sgradite" e a impedire, tra l'altro, nuovi interventi del direttore di Repubblica Ezio Mauro e del fondatore Eugenio Scalfari, che avevano criticato il premier in alcune trasmissioni. Letta sarebbe intervenuto dopo che Innocenzi e Masi non erano riusciti a farlo.

C'è anche questo nelle quaranta pagine della richiesta rivolta dal pm al gip di Trani per ottenere dalla Camere l'autorizzazione a utilizzare le conversazioni del premier perché ritenute "penalmente rilevanti". Nell'atto, che riporta tutte le mosse di Berlusconi e dei suoi uomini per bloccare le trasmissioni tv, c'è un presidente del Consiglio che appare in più circostanze molto agitato. E che, tra l'altro, parla di vicende familiari, sfogandosi con Innocenzi a proposito di quanto gli costerà - circa 90 miliardi di vecchie lire l'anno - il mantenimento alla sua ex moglie Veronica Lario.

 

"GIANNI SCUSA, SONO GIANCARLO..."

È il 3 dicembre 2009. Innocenzi, che ha già ricevuto decine di telefonate di Berlusconi che lo accusa di non avere fatto nulla per bloccare Santoro, chiama Letta.

Innocenzi: "Gianni, scusa sono Giancarlo".

Letta: "Si, eccomi".

Innocenzi: "Allora io ti risparmio, quando con calma ti racconto tutto... Insomma, per essere più veloce tutte le documentazioni, quali carte ho dato agli uni e agli altri, sanno tutto quelli della Vigilanza, sa tutto... Masi, sa tutto l'Autorità, ho fatto fare da un gruppo di due amici magistrati tutta l'analisi, anche perché siano gli strumenti per quella storia di questa sera di Mills. Secondo le valutazioni di questi due amici magistrati, lui stasera non potrebbe parlare di Mills essendoci il processo in corso". Letta risponde con una parola incomprensibile.

Innocenzi: "Ho dato queste carte a Mauro (presumibilmente Masi-ndr). Mauro vuole la pezza forte, ci vorrebbe che sostanzialmente Calabrò (presidente dell'Agcom-ndr) gli dicesse (a Santoro-ndr): "Tu non puoi fare la trasmissione questa sera parlando di Mills". Io non so più a che aggrapparmi, tutto quello che potevo fare l'ho fatto. Adesso Mauro mi chiama e mi dice: "Se Calabrò dice 'guarda che tu la trasmissione su Mills non puoi farla', io vado con questa e non gliela faccio fare... tu (Gianni Letta ndr) sei l'ultima spiaggia...".

Letta pronuncia altri commenti incomprensibili. Poi aggiunge: "Proverò a cercarlo, grazie , ciao ciao".

Subito dopo Innocenzi chiama Masi. Lo informa di avere parlato con Letta: "Io ho detto a Gianni, anche adesso, avverti tu Calabrò, di mettere più spessore possibile su questa cosa... comunque adesso è informato anche Gianni, così abbiamo chiuso il cerchio, così nessuno può dire che non sapeva un cazzo". Masi gli chiede se ha parlato direttamente con Letta e Innocenzi lo conferma. Il dg Rai gli dice anche che ha parlato con Santoro che gli ha assicurato che farà una "trasmissione equilibrata".

Poi Masi gli ricorda che "dopo la D'Addario c'era spazio e modo per potere intervenire mille volte, non lo abbiamo fatto, non è stato fatto, e ci troviamo adesso questa roba qui, l'unica cosa che può servire veramente e che se lui (Santoro-ndr) fa la pipì fuori dal vaso stasera...".

Il pm di Trani descrive altre manovre, "con coinvolgimenti ai massimi livelli da parte del commissario Agcom che, ormai esasperato, par arrivare al presidente Calabrò (che sembra resistere alle pressioni esterne) si affida alla mediazione del sottosegretario Gianni Letta, il quale dal canto proprio promette ad Innocenzi di attivarsi e cercare il presidente Calabrò".

"ABBIAMO CACCIATO ANCHE RUFFINI"

Anche alla domenica Masi e Innocenzi non hanno pace. Berlusconi li investe con insulti perché non riescono a fermare Santoro. Innocenzi informa Masi che "loro faranno il processo Mills" e gli racconta che, quando Berlusconi lo ha saputo, gli ha gridato "che cazzo state a fare tutti quanti!". "E poi - aggiunge - mi ha fatto un culo che non finiva più". I due si disperano per accontentare Berlusconi, ma non ci riescono. Si raccontano di essere riusciti a eliminare Paolo Ruffini, direttore di Rai Tre.

LO SFOGO DI MASI

"Come traspare da questa intercettazione - scrive il pm di Trani - Innocenzi reduce dalla telefonata del presidente Berlusconi che lo affligge, chiama Masi e si sfoga. Masi si mette prontamente al servizio del commissario Agcom e promette di "mettere su una strategia operativa" che serva a risolvere il "problema Santoro che è un problema tutto particolare". Quindi aggiunge che la Rai sta "aggiustando". Gli viene chiesto come. La risposta è: "Sai, la stiamo aggiustando, stiamo facendo di tutto, abbiamo mandato via pure Ruffini, insomma, voglio dire siamo riusciti a fare...". Per il pm è "un evidente riferimento al fatto di assecondare i desiderata del presidente Berlusconi".

"CALABRO' POTREBBE ESSERE INTERCETTATO"

È IL 9 dicembre 2009. Alle 8,35 del mattino Berlusconi chiama Innocenzi e lo rimprovera d "non avere fatto niente".

Berlusconi: "Pronto?".

Innocenzi: "Sì, ciao presidente".

Il premier gli scarica addosso una serie di epiteti. Innocenzi annaspa, dice che hanno "fatto qualcosa", di non aver potuto fermare la trasmissione sul caso Mills e di essere "andato da Calabrò incazzato come una biscia, cioè da questo momento in poi ero come un tupamaro con le bombe addosso e in qualsiasi momento facevo un casino..".

SPATUZZA E IL PREMIER SOTTO ACCUSA

Berlusconi attacca ancora Innocenzi: "Allora ti dico, giovedì sera c'era ancora il processo Spatuzza e fanno il processo a me come appartenente alla mafia... allora se voi non riuscite veramente a fare questa roba qua... non lo so io...".

Innocenzi balbetta. Dice a Berlusconi che si è attivato per preparare un ricorso "come informativa". "Allora tutti e quattro, Savarese, Mannoni io e Napoli, a parte Magri, siamo d'accordo, salvo che domani non mi brucino, per fare casino all'interno del consiglio".

Innocenzi: "Anche Napoli (pure lui componente dell'Agcom-ndr) è d'accordo perché lui aveva vissuto la vicenda di Clemente (Mastella-ndr) quindi...".

Berlusconi: "Napoli da dove arriva, da Mastella?".

Innocenzi conferma e Berlusconi risponde: " Mastella adesso è totalmente con me... e con Napoli avete la maggioranza senza Magri".

Innocenzi tranquillizza il premier: "Diciamo che ho Mannoni (altro componente dell'Agcom-ndr), Savarese che era amico di Fini, però ... è più amico di Maurizio Gasparri".

"ATTENTO A PARLARE AL TELEFONO"

A questo punto Berlusconi invita Innocenzi a parlare con Calabrò e lo avverte: "Però stai attento a parlare al telefono col Presidente ... perché voci, che non so se siano vere o meno, dicono che ha il telefono sotto controllo...".

Innocenzi risponde a Berlusconi di essere preoccupato perché probabilmente è lui ad avere il telefono sotto controllo: "Ma a me ieri sera è successa una cosa molto strana, tra l'altro oggi mi è arrivato un numero inesistente, io non ho risposto (...). Uno dei nostri tecnici mi dice che è un modo per potere mettere sotto controllo il telefono e oggi faccio fare altre ulteriori... però non me ne frega niente..".

Innocenzi continua ad informare Berlusconi sull'attività che sta organizzando per bloccare Santoro.

Il premier gli dice che va bene. "Ma mi raccomando perché adesso entriamo in una zona di guerra veramente brutta". "Sì - aggiunge questo non è mica servizio pubblico... è l'unico servizio pubblico al mondo che fa queste cose".

Innocenzi: "Non è più possibile che questo qui (Santoro-ndr) faccia quel cazzo che gli pare veramente".

BERLUSCONI, VERONICA E LA CIR

Innocenzi: "Il problema vero è che devi stare bene tu, cazzo...".

Berlusconi: "Mi stanno attaccando da tutte le parti sul piano patrimoniale, sai quanto ha chiesto mia moglie di mantenimento al mese? Tre milioni e seicentomila euro al mese che fanno 45 milioni l'anno che fanno novanta miliardi di lire l'anno e siccome c'ha il giudice che è amico dell'avvocato... hanno depositato ed è andato automaticamente a un certo giudice, c'è il rischio che succeda che me li danno".

Poi Berlusconi parla della causa civile con Carlo De Benedetti per la vicenda Cir: "E' una cosa pazzesca, ho il fisco che mi chiede 900 milioni, coso... De Benedetti che me li chiede, ma ha già avuto una sentenza a favore, 750 milioni... Pensa te , mia moglie che mi chiede 90 miliardi di vecchie lire all'anno, sono messo bene no? E poi le sentenze penali con dei giudici che sono dei killer invece che essere dei giudici".

© Riproduzione riservata (17 marzo 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

Il premier all'attacco sul caso Rai-Agcom. Bersani: "Basta polveroni"

Santoro oggi ascoltato in Procura: "Le pressioni? Di dominio pubblico"

Berlusconi su Trani: "Libertà mutilata"

Scontro Alfano-Csm sugli ispettori

Alfano: "La decisione dell'organo di autogoverno è incostituzionale"

Il pm: "Agli inviati del ministro niente fascicoli, c'è il segreto istruttorio"

Berlusconi su Trani: "Libertà mutilata" Scontro Alfano-Csm sugli ispettori

ROMA - Sull'asse Roma-Trani si consuma l'ennesimo scontro tra la magistratura e il premier, questa volta sul caso Rai-Agcom. "L'inchiesta è un grave segno di libertà mutilata e offesa", dice Silvio Berlusconi. Mentre il ministro della Giustizia Angelino Alfano, riferendosi alla fuga di notizie, sostiene che "le talpe vanno individuate e punite". Dalla Procura pugliese, intanto, uno dei pm titolari dell'inchiesta, Michele Ruggiero, spiega che gli ispettori - giunti nel pomeriggio - "non vedranno i fascicoli", perché il segreto istruttorio vale anche per loro. E sempre sull'arrivo in Procura degli inviati del Guardasigilli il Csm apre una pratica per verificare se ci siano state indebite interferenze: "L'indagine giudiziaria non può essere compressa dall'ispezione", ricorda il vicepresidente Nicola Mancino. E il ministro Alfano di rimando: "La decisione del Csm è incostituzionale"

L'affondo di Berlusconi. "Da quando sono sceso in campo alla vigilia di ogni sfida elettorale l'alleanza tra la sinistra e parte della magistratura interviene nella campagna elettorale per influenzare il voto dei cittadini": queste le parole di Berlusconi, che parla di "accuse a orologeria", enfatizzate "dai media compiacenti". E oltre a "insultare e demonizzare l'avversario" aggiunge il premier, "la sinistra cerca di seminare il dubbio dell'astensione per spingere i moderati a non votare". Invita quindi ad andare in piazza sabato a Roma per la manifestazione del Pdl e rilancia la necessità di una "riforma radicale della giustizia, che invece viene usata a fini di lotta politica dalla magistratura". "Ci sono magistrati - dice - che spendono denaro per costose intercettazione a tappeto per ipotesi di reato su ciò che il presidente del Consiglio dice in privato e in pubblico", con una "violazione della competenza territoriale".

 

Le repliche dell'opposizione. "Berlusconi deve capire che noi non ci occupiamo delle questioni giudiziarie. Stiamo cercando di fare politica e di occuparci dei problemi degli italiani. Quindi smetta di alzare polveroni": così il segretario del Pd, cui ribatte il sottosegretario Paolo Bonaiuti: "Bersani cavalca eccome le questioni giudiziarie, per qualche voto in più". Anche Antonio Di Pietro attacca il premier, sul suo blog: "Il vecchio disco per cui sono i comunisti e i magistrati che tramano non regge, perché Berlusconi e i suoi scagnozzi hanno fatto tutto da soli".

Interrogato Santoro. Oggi a Trani è di scena Michele Santoro. Il conduttore - uno dei principali obiettivi delle pressioni del premier sull'Agcom e anche al centro della protesta sui talk show Rai sospesi - viene ascoltato dai pm come testimone: "'Le pressioni sono di dominio pubblico, che vanno avanti dall'editto bulgaro in poi. Comunque io vado avanti".

Gli ispettori a Trani. Arrivano nel pomeriggio. Ma uno dei pm titolari dell'inchiesta, Michele Ruggiero, spiega che non vedranno i fascicoli dell'inchiesta:"C'è il segreto istruttorio, quindi ciò che non è stato comunicato ancora agli indagati non può essere comunicato a nessuno, neanche agli ispettori". Il magistrato aggiunge di essere "sereno e tranquillo".

Le mosse del Csm. Il Comitato di presidenza del Csm convoca nel pomeriggio il consigliere Cosimo Ferri, finito nelle intercettazioni dell'inchiesta di Trani, per colloqui avuti con il commissario di Agcom Giancarlo Innocenzi. "Sono molto soddisfatto", dice. Su di lui, per il momento, nessuna decisione. Il Comitato di presidenza dell'organo di autogoverno della magistratura prende invece un'altra decisione importante: dà infatti via libera all'apertura della pratica, chiesta ieri dalla maggioranza dei consiglieri, sull'ispezione a Trani disposta da Alfano. E proprio il Guardasigilli, a proposito del Csm, dichiara: "Nessun conflitto, ma non faccia politica".

Le parole di Mancino. Sull'apertura della pratica interviene anche Nicola Mancino, vicepresidente del Csm: Mancino ha spiegato che la pratica, richiesta dalla maggioranza dei consiglieri, "è stata affidata alla VI Commissione perché ribadisca i confini tra l'ispezione e l'indagine giudiziaria, che non può essere compressa dall'ispezione stessa. Bisogna rispettare l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati requirenti", visto che il mandato degli ispettori è delimitato dalla Costituzione "con precisa attenzione nei riguardi dell'attività di indagine".

Alfano polemico. "L'iniziativa del Csm di aprire una pratica contro un'ispezione disposta in base all'art. 107 della Costituzione - ha detto il ministro - in relazione ai fatti che stanno accadendo a Trani, è quanto di più grave si sia mai visto da parte di questo organismo ed è un comportamento inaccettabile che viola la Costituzione e vulnera il sistema democratico della divisione dei poteri". "Tutto ciò - conclude il guardasigilli - è a dir poco preoccupante e dimostra la volontà di certa magistratura di voler evitare che si faccia luce sulle patologie di inchieste che hanno una chiara ed ovvia valenza politica".

(16 marzo 2010)

 

 

 

 

La sindrome del padrone

di EDMONDO BERSELLI

La questione politica, e ormai anche strutturale e storica del rapporto fra Silvio Berlusconi e la giustizia, è diventata una questione di sistema, perché fra il premier e le articolazioni della magistratura è scattata la guerra totale.

Ormai Berlusconi sta accentuando il suo ruolo proprietario, in quanto il premier tratta da padrone le istituzioni giudiziarie e le autorità neutrali. Lo si vede con l'atteggiamento assunto verso la procura di Trani, trattata come un tassello del complotto che si starebbe sviluppando contro la presidenza del Consiglio, con una funzione schiettamente politica, e con le parole rivolte verso l'AgCom, considerata semplicemente come un pezzo dell'immensa manomorta berlusconiana.

Sotto questa luce, è l'intera Italia a essere di proprietà del capo del governo. Nel silenzio dell'opinione pubblica, e nella sostanziale acquiescenza delle opposizioni, Berlusconi ha aumentato a dismisura il suo potere, anzi, le sue proprietà. Si è sentito autorizzato a intervenire sull'Agenzia per le comunicazioni con l'atteggiamento e con le parole del padrone, insofferente di norme e convenzioni, e incapace di trattenersi: "Ma non riuscite neppure a chiudere Annozero?". "È una questione di dignità", dice al commissario Giancarlo Innocenzi, "Ti ho messo io in quel posto". Quindi regolati di conseguenza. Il che dimostra la sua intuizione di essere, più che un politico, un imprenditore senza limiti etici, cioè con la possibilità di conquistare tutto, con la violenza di una funzione anti-istituzionale che si esercita giorno per giorno.

Si instaura così un nuovo triangolo delle mille sfortune, tra la presidenza del Consiglio, la magistratura e l'Agenzia per le comunicazioni. Al centro del triangolo si è collocato, con la sua consueta forza strategica, il premier Berlusconi. Ormai da anni sta insistendo che in Italia c'è un problema da risolvere, ed è quello del rapporto fra la politica e la magistratura. "Alcune procure", secondo il premier, che non ne ha mai citata una, composte da "toghe rosse", da "giudici comunisti", stanno conducendo una battaglia "contro la democrazia", nel tentativo di liquidare per via giudiziaria il capo del governo.

 

In queste condizioni, il "padrone" Berlusconi tenta di frenare il funzionamento dei processi che lo riguardano, come quello contro l'avvocato inglese Mills e i processi All Iberian e i diritti televisivi. Ma dal sistema penale spuntano casi giudiziari a iosa, in modo anche casuale come quello di Trani, per cui a suo modo, nella sua logica proprietaria, Berlusconi ha ragione: come è possibile che, possedendo tutto, gli sia impossibile controllare tutto ciò che possiede o crede di possedere in virtù del voto popolare, compresi i processi e le inchieste giudiziarie? E come mai non è possibile, da parte sua, padrone assoluto dei media, controllare il sistema televisivo e i programmi politici di approfondimento e di dibattito? Che ci sta a fare l'Agenzia per le comunicazioni, se non esegue i comandi che vengono dall'alto? Naturalmente Berlusconi ignora, volutamente, la complessità del sistema della comunicazione pubblica. Ai suoi occhi basterebbe una telefonata all'Innocenzi di turno per stroncare un programma come quello di Michele Santoro (o come il salotto di Floris o della Dandini), considerato da mesi una delle "fabbriche di odio" nei confronti del premier e del Popolo della libertà.

È una situazione disperata, quella di Berlusconi, che lo induce a gesti disperati, o almeno terribilmente disinibiti, nel senso che fanno a pezzi il tessuto generale delle istituzioni del nostro Paese. Il "padrone" non riesce più a comandare, il suo partito si sta sfaldando, e i vari cacicchi cercano un'area di autonomia personale e politica. Berlusconi teme una "sindrome francese" e una sostanziale non vittoria alle elezioni regionali. Paradossale situazione del padrone che non riesce a spadroneggiare fino in fondo, pur cercando di farlo in tutti i modi. C'è una contraddizione intrinseca nell'azione di Berlusconi, e la formula proprietaria o "padronale" la riassume tutta, senza risolverla. Ma la questione è: in una democrazia può il capo del governo rivolgersi come un padrone alle autorità di garanzia?

© Riproduzione riservata (17 marzo 2010)

 

 

 

 

Una questione

di democrazia

di EZIO MAURO

Non è l'aspetto penale (di cui nulla sappiamo) il punto più importante dell'inchiesta dei magistrati di Trani che indaga il presidente del Consiglio, il direttore del Tg1 e un commissario dell'Authority sulle Comunicazioni. L'ipotesi di concussione verrà vagliata dalla giustizia, e certamente il capo del governo avrà modo di difendersi e di far sentire le sue ragioni, o di far pesare le norme che bloccano di fatto ogni accertamento giudiziario sul suo conto, facendone un cittadino diverso da tutti gli altri, uguale soltanto all'immagine equestre che ha di se stesso.

Ma c'è una questione portata alla luce da questa inchiesta che non si può evitare e domina con la sua evidenza eloquente questa fase travagliata di agonia politica in cui si trova il berlusconismo. La questione è l'uso privato dello Stato, dei pubblici servizi creati per la collettività, della presidenza del Consiglio, persino delle Autorità di garanzia, che hanno nel loro statuto l'obbligo alla "lealtà e all'imparzialità", per non determinare "indebiti vantaggi" a qualcuno.

Siamo di fronte a una illegalità che si fa Stato, un abuso che diviene sistema, un disordine che diventa codice di comportamento e di garanzia per chi comanda.

Con la politica espulsa e immiserita a cornice retorica e richiamo ideologico, sostituita com'è nella pratica quotidiana dal comando, che deforma il potere perché cerca il dominio. Questi sono tratti di regime, perché il sovrano prova a mantenere il consenso attraverso la manipolazione dell'informazione di massa, inquinando le Autorità di controllo poste a tutela dei cittadini, con un'azione sistemica di minaccia e di controllo che avviene in forma occulta, all'ombra di un conflitto di interessi già gigantesco e ripugnante ad ogni democrazia. Il controllo padronale e politico sull'universo televisivo (unico caso al mondo per un leader politico) non basta più quando la politica latita e la realtà irrompe. Bisogna andare oltre, deformando là dove non si riesce a governare, calpestando là dove non basta il controllo.

 

 

Così il presidente del Consiglio, a capo di un Paese in perdita costante di velocità, passa le sue giornate tenendo a rapporto un commissario dell'Agcom per confessargli le sue paure non per la crisi economica internazionale, ma per due trasmissioni di Michele Santoro, dove la libera informazione avrebbe parlato del processo Mills e del caso Spatuzza, corruzione e mafia. I due parlano come soci, o come complici, o come servo e padrone, cercando qualche mezzo - naturalmente illecito perché la Rai non dipende né dall'uno né dall'altro - per cancellare Santoro: e l'uomo di garanzia propone al premier di trovare qualcuno che inventi un esposto (lui che come commissario dovrebbe ricevere le denunce e imparzialmente giudicarle) incaricandosi poi direttamente e volentieri di provvedere all'assistenza legale per il volenteroso.

Poi il premier parla direttamente con il direttore del Tg1, manifestando le sue preoccupazioni, e il "direttorissimo" (come lo chiama il primo ministro) il giorno dopo va in onda puntualissimo con un editoriale contro Spatuzza. Infine, lo statista trova il tempo addirittura per lamentarsi della presenza mia e di Scalfari a "Parla con me", una delle pochissime trasmissioni Rai che ha invitato "Repubblica": si contano sulle dita della mano di un mutilato, mentre il giornalismo di destra vive praticamente incollato alle poltrone bianche di "Porta a porta" e ad altri divani di Stato.

La fluida normalità di questi eventi, che sarebbero eccezionali e gravissimi in ogni Paese occidentale, rivela un metodo, porta a galla un "sistema". Citando Conrad, l'avevamo chiamata "struttura delta", un meccanismo che opera quotidianamente e in profondità nello spazio tra l'informazione e la politica, orientando passo per passo la prima nella lettura della seconda: in modo da ri-costruire la realtà espellendo i fatti sgraditi al potere o semplicemente rendendoli incomprensibili, per disegnare un paesaggio virtuoso in cui rifulgano le gesta del Principe.

Oggi si scopre che il premier è il vero capo operativo della "struttura delta" e non solo l'utilizzatore finale. Lui stesso dà gli ordini, inventa le manipolazioni della realtà, minaccia, evoca i nemici, suggerisce le liste di proscrizione, deforma il libero mercato televisivo, addita i bersagli. Che farà quest'uomo impaurito con i servizi segreti che dipendono formalmente dal suo ufficio, se usa in modo così automatico e disinvolto la dirigenza della Rai e le Autorità di garanzia, istituzionalmente estranee al suo comando? Come li sta usando, nell'ombra e nell'illegalità, contro gli stessi giornalisti che lo preoccupano e che vorrebbe cancellare, in una sorta di editto bulgaro permanente?

La sfortuna freudiana ha portato ieri Bondi a evocare una "cabina di regia" di giudici e sinistre, proprio mentre il Gran Regista forniva un'anteprima sontuosa del suo iperrealismo da partito unico, a reti unificate. La coazione gelliana a ripetere ha spinto Cicchitto a evocare il "network dell'odio", proprio quando il Capo del network dell'amore insulta avversari e magistrati, in una destra di governo ormai e sempre più ridotta alla ragione sociale della P2, che voleva occupare lo Stato, non governarlo. L'istinto ha condotto La Russa ad afferrare per il bavero un giornalista critico del leader, alzando le mani come la guardia pretoriana di un sovrano alla vigilia del golpe, proprio nel momento in cui un collaboratore si chinava in diretta televisiva sul premier suggerendogli la risposta giusta, in un fuori onda del potere impotente che certo finirà nei siparietti quotidiani di Raisat.

La verità è che ogni traccia di amministrazione è scomparsa, nell'orizzonte berlusconiano del 2010, ogni spazio di politica è prosciugato. Questo, è ora di dirlo, non è più un governo (salvo forse Tremonti, che bene o male si ricorda di guidare un dicastero), non è una coalizione, non è nemmeno un partito. Stiamo assistendo in diretta alla decomposizione di una leadership, a un potere in panne, nella sua pervasiva estensione immobile che non produce più nulla, nemmeno consenso, se è vero il declino dei sondaggi.

Era facile prevedere che l'agonia politica del berlusconismo sarebbe stata terribile, e le istituzioni pagheranno nei prossimi mesi un prezzo molto alto. Non abbiamo ancora visto il peggio. Ma non pensavamo a questo spettacolo quotidiano di un sovrano sempre più assoluto e sempre meno capace di autorità: costretto in pochi giorni a rimediare con un decreto di maggioranza a errori elettorali del suo partito, mentre è obbligato a bloccare il Parlamento con due leggi ad personam che lo sottraggono ai suoi giudici, sempre più ossessionato dalla minima quantità di libera informazione che ancora sopravvive in questo Paese.

Nessuno di questi problemi, ormai, si risolve nelle regole. La deformazione è il nuovo volto della politica, l'abuso la sua costante. Si pone una questione di democrazia, fatta di sostanza e di forma, equilibrio tra i poteri, rispetto delle istituzioni, ma anche semplicemente di senso del limite costituzionale, di rispetto minimo dello Stato e della funzione che grazie al voto dei cittadini si esercita pro tempore. Questo e non altro - la cornice della Costituzione - porterà oggi in piazza a Roma migliaia di persone. È un sentimento utile a tutto il Paese, comunque voti. Un Paese che non merita questa riduzione miserabile della politica a calco vuoto di un sistema senza più un'anima, in un mix finale di protervia e di impotenza che dovrebbe preoccupare tutti: a sinistra e persino a destra.

© Riproduzione riservata (13 marzo 2010)

 

 

 

Il presidente della Rai: "Io e Zavoli volevamo mandare in onda i talk show"

"Mi rimetto alle decisioni della maggioranza. Ma è un pessimo servizio alla Rai e all'informazione"

Talk show, Garimberti polemico con la Vigilanza

Ma la commissione conferma lo stop ai programmi

Altroconsumo lancia una class action contro Viale Mazzini

Talk show, Garimberti polemico con la Vigilanza Ma la commissione conferma lo stop ai programmi

Paolo Garimberti

ROMA - La commissione di Vigilanza Rai non cambia idea. I talk show restano sospesi. A San Macuto la maggioranza è compatta, l'opposizione continua invano a chiedere che il Cda Rai riveda il regolamento. Ma ormai la decisione è presa: niente dibattiti sulla Rai fino alle elezioni Regionali

La giornata si chiude con un comunicato scoraggiato del presidente Garimberti: "Mi spiace che la vicenda della sospensione dei talk show sia stata sintetizzata come uno scontro tra me e il Presidente della Commissione di Vigilanza, Sergio Zavoli. Ho molto rispetto per il Presidente e per il suo ruolo. Sia io che lui volevamo la stessa cosa: i talk show in onda. Non è stato possibile e, come è sotto gli occhi di tutti, non è dipeso nè dalla mia nè dalla sua volontà".

La giornata. In mattinata proprio Garimberti aveva fatto un appello alla Vigilanza, a maggioranza Pdl: "Mi aspetto che batta un colpo. Questa storia di rimpalli comincia dal regolamento, che è illegittimo, formulato in modo sbagliato e che presenta profili di incompatibilità con la legge del 2000''. Quindi, che il colpo sia chiaro, netto e definitivo affinché questa storia finisca una volta per tutte. Ci sta tormentando da troppo tempo".

"Lo stop dei talk rende un pessimo servizio alla Rai, all'informazione e agli utenti. Ma la colpa non è solo dalla Rai è ab origine e quindi è del regolamento. Quando ci viene detto da Beltrandi che potevamo andare in onda lo stesso, io rispondo che sì lo potevamo fare ma a rischio. Troppo facile dire 'potevate andare in onda con il rischio'".

Passano poche ore, e dalla Vigilanza arriva la conferma che non c'è in vista alcun cambio di rotta. L'orientamento emerge nel corso dell'audizione del direttore generale della Rai Mauro Masi. Indietro non si torna. I talk del servizio pubblico non ripartono.

 

Zavoli: "Basta rimpalli". "L'opinione pubblica giudica stucchevole questo rimpallo sul regolamento per la par condicio, una querelle, un ribollire di cose, che riproducono sempre la stessa situazione senza venire a capo di nulla" commenta il presidente della commissione, Sergio Zavoli. Ribadendo che "il regolamento non giustifica l'idea che si possa mettere la mordacchia alle trasmissioni di approfondimento politico" e ricordando che "la Vigilanza aveva già battuto un colpo, chiedendo ai vertici dell'azienda di simulare con urgenza un palinsesto che salvasse i talk show".

La mediazione fallita. Zavoli avrebbe tentato anche un estrema mediazione, poi fallita. Secondo quanto riferito da alcuni parlamentari il presidente aveva proposto di votare un documento interpretativo del regolamento. Una proposta bocciata in quanto non era stata formalizzata nè messa all'ordine del giorno. La maggioranza, quindi, è rimasta compatta sul non modificare nulla.

Masi minimizza. Con lo stop ai talk show "la Rai non perde un euro, perché gli inserzionisti recupereranno con gli spazi pubblicitari in altri orari" e in ogni caso "l'azienda nel suo complesso stravince negli ascolti". Mauro Masi smentisce ricadute negative per il servizio pubblico. Minimizzando lo stop ai talk: "Non è vero che sono stati sospesi tutti gli approfondimenti ma solo quelli in diretta che l'applicazione del regolamento rendeva impossibili: infatti Report va in onda, e così anche Parla con me e in radio Un giorno da pecora".

Il ricorso dei consumatori. Per la mancata fornitura del servizio pubblico d'informazione con lo stop ai talk show in periodo pre-elettorale, Altroconsumo ha deciso di portare avanti una class action contro la Rai e chiede il risarcimento del danno subito dagli utenti che non possono fruire del servizio pubblico d'informazione. "Gli utenti pagano il canone per un servizio d'informazione - si legge nella nota -. Servizio che è stato sospeso arbitrariamente per decisione del CdA Rai e che invece può essere fornito dalle emittenti private, dopo la bocciatura del Tar Lazio del provvedimento Agcom per Sky, La7 e Mediaset". In oltre 5mila hanno firmato la petizione per la sospensione del pagamento del canone tv a sostegno della richiesta di Altroconsumo di ripristino dei programmi d'informazione e in difesa dell'articolo 21 della Costituzione. Dalla petizione ora si passa alla class action.

(16 marzo 2010)

 

 

 

 

 

Clima da battaglia nella sede dell'Authority delle Comunicazioni. Domani il vertice per decidere

i provvedimenti nei confronti del consigliere Innocenzi indagatoa Trani per favoreggiamento

Nel fortino dell'Agcom

"Arrivano le bombe atomiche"

Il centrodestra pronto alle barricate, ma il presidente Calabrò

vuole difendere la sua autonomia: non alziamo bandiera biancadi GIOVANNI VALENTINI

Nel fortino dell'Agcom "Arrivano le bombe atomiche"

Corrado Calabrò, presidente dell'Agcom

ROMA - Davanti alla nuova sede dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, il fortino assediato di via Isonzo, una bandiera bianca con il simbolo dell'Agcom sventola accanto al tricolore e al vessillo blu con le stelle gialle dell'Europa. "Ma questo - dice il presidente Corrado Calabrò - non vuol dire che ci siamo arresi". La battuta, alla vigilia della seduta in cui domani il Consiglio dell'Authority aprirà ufficialmente il "caso Innocenzi", rivela una tensione palpabile. "Altro che barricate - dice Calabrò -. Qui lanceranno le bombe atomiche".

Tra l'ascensore e i corridoi, i commissari fanno la spola con il quinto piano, dov'è lo studio di Calabrò, armati di memorie e documenti sulla "vexata quaestio" della delibera con cui il Tar del Lazio ha respinto l'estensione alle tv private del regolamento approvato dalla Commissione di Vigilanza per bloccare i talk-show sulle reti della Rai. Ma quella di domani si annuncia come una battaglia campale per decidere se e quali provvedimenti assumere nei confronti del commissario Giancarlo Innocenzi, indagato per favoreggiamento dalla Procura di Trani per aver negato davanti ai magistrati le pressioni ricevute dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, contro Annozero e altre trasmissioni considerate scomode. A cui si aggiungono quelle che lo stesso capo del governo ha esercitato direttamente sul presidente dell'Authority, telefonandogli per sollecitare una censura nei confronti della Rai che poi non è stata emessa.

Con Innocenzi che avrebbe l'obbligo di astenersi dal giudizio su se stesso, questa volta gli equilibri all'interno del Consiglio dell'Authority sembrano destinati a cambiare. Da una parte, a suo favore, gli altri tre commissari espressi dal centrodestra: Stefano Mannoni, Enzo Savarese e l'ex senatore Roberto Napoli, fedelissimo dell'ex ministro Clemente Mastella che ha ancora il dente avvelenato con Santoro per la trasmissione contro di lui e sua moglie. Dalla parte opposta, i commissari che si richiamano al centrosinistra: l'ex sottosegretario Michele Lauria, il magistrato Nicola D'Angelo e il "tecnico" Sebastiano Sortino, già direttore generale della Federazione editori, a cui si aggiungerebbe Gianluigi Magri per conto dell'Udc. A questo punto il voto di Calabrò diventa decisivo per dare il via libera al "processo" interno contro Innocenzi. E perciò nei prossimi giorni il presidente è atteso al varco. Deve dimostrare la propria indipendenza.

 

La prima mossa dovrebbe essere quella di incaricare il Servizio giuridico della stessa Authority di aprire formalmente un'istruttoria. Poi, il Consiglio potrebbe chiedere un parere al Comitato etico, composto da due presidenti emeriti della Corte costituzionale, Riccardo Chieppa e Franco Bile, e dal presidente del Tar del Lazio, Pasquale De Lise. Un percorso lungo e tortuoso, al termine del quale non è neppure chiaro quali provvedimenti possa prendere l'Autorità, dal momento che i commissari sono di nomina parlamentare e quindi un'eventuale revoca spetterebbe allo stesso Parlamento. "La legge, su questo punto, è piuttosto carente e perciò a suo tempo avevo sollecitato una revisione del Codice etico", dice Calabrò. Il Codice in effetti regola l'indipendenza e il conflitto di interessi dei commissari, prevedendo l'obbligo di "lealtà, imparzialità, diligenza e correttezza", senza stabilire tuttavia le sanzioni. Poi c'è anche la direttiva europea del 2009 (n.140), secondo cui i componenti di un'Authority di garanzia "non sollecitano né ricevono istruzioni" dall'esterno nell'esercizio del loro mandato. Ma è chiaro che lo scontro, dentro e fuori l'Authority, sarà di natura politica.

All'interno del palazzo di via Isonzo, i rapporti personali fra Calabrò e Innocenzi vengono definiti "radi e tesi". Il presidente è un magistrato, già presidente del Tar del Lazio, una carriera prima nella Corte dei Conti e poi nel Consiglio di Stato, abituato a misurare i propri atti in base alla legge. Il commissario, giornalista pubblicista e già direttore dei servizi giornalistici delle reti Mediaset, deputato e sottosegretario alle Comunicazioni per il centrodestra, è dichiaratamente un uomo di parte incaricato di rappresentare e difendere gli interessi del partito-azienda.

Fra loro, spesso si ha l'impressione di assistere a un dialogo tra sordi. "A volte - ha confidato Calabrò ai suoi collaboratori - mi sembra che si tolga l'auricolare, quando parlo, per non sentire neppure le mie parole". Tutto ciò non ha impedito a Calabrò di votare insieme a Innocenzi contro la decisione, assunta poi a maggioranza, di varare la delibera per estendere alle tv private il regolamento sui talk-show. "Lui non so perché l'ha fatto", dice il presidente: "Da magistrato, io non potevo votare un provvedimento che vìola la legge in vigore". E in dissenso con la Vigilanza, spiega che la normativa sulla par condicio prevede espressamente che le disposizioni previste per la comunicazione politica "non si applicano ai programmi di informazione", mentre la Commissione parlamentare ha stabilito il contrario.

Fatto sta che ora la bufera politica sul "caso Innocenzi" minaccia di travolgere non solo il commissario indagato, ma l'intera Autorità sulle Comunicazioni se questa non sarà in grado di prendere nettamente le distanze e riparare il vulnus. Nel palazzo di via Isonzo, sono in molti a temere una delegittimazione collegiale. Proprio per questo, appena scoppiato lo scandalo, il commissario D'Angelo ha scritto a Calabrò una lettera per chiedergli "un immediato e deciso intervento a difesa dell'onorabilità della nostra istituzione". La replica del presidente è di poche parole: "Dopo più di quarant'anni in magistratura, posso dire di avere un grande avvenire dietro le spalle".

© Riproduzione riservata (17 marzo 2010)

 

 

 

 

Previsti tremila pullman e tre treni speciali il 20 marzo a San Giovanni

Nuovo appello contro l'astensione "voluta dalla sinistra"

Berlusconi cerca la prova di forza

"Voglio 500mila persone in piazza"

di FRANCESCO BEI e CARMELO LOPAPA

Berlusconi cerca la prova di forza "Voglio 500mila persone in piazza"

La manifestazione di An e Forza Italia a piazza San Giovanni, Roma, nel 2006

ROMA - "C'è grande entusiasmo. Vedrete. La gente ha capito: a piazza San Giovanni mi aspetto mezzo milione di persone". Silvio Berlusconi lancia la sfida del 20 marzo. Chiama a rapporto i coordinatori della campagna elettorale per l'ultima messa a punto della macchina organizzativa della kermesse. Chiuso a Palazzo Grazioli, alle prese con un'intervista a Studio Aperto e il video messaggio ai Promotori della Libertà della Brambilla, il premier insiste con l'appello al voto contro l'incubo astensionismo. "È la sinistra - sostiene in tv - che semina il dubbio dell'astensione, ma i moderati reagiranno". Lo staff di Palazzo Chigi, in un primo tempo, aveva deciso di "piazzare" lo spot elettorale al Tg4, salvo poi dirottarlo ad apertura del Tg1 di Minzolini. In cui viene ripresa anche l'intervista di Italia 1. Risultato: Berlusconi compare prima con alle spalle il logo del Pdl, poi con quello dei Promotori della libertà.

Imponente la mobilitazione studiata dai coordinatori del Pdl per sabato. Saranno 3 mila i pullman da tutta Italia, 3 i treni speciali - due Freccia Rossa da Torino ribattezzati per l'occasione "Freccia Azzurra" - un traghetto dalla Sardegna e svariati charter. Ieri a Piazza San Giovanni si allestiva già il grande palco di 400 metri quadrati. Due cortei partiranno dal Circo Massimo e da Largo Colli Albani (quest'ultimo organizzato dal movimento giovanile e guidato dal ministro Giorgia Meloni), per confluire in piazza dove Silvio Berlusconi dalle 18 terrà uno dei suoi comizi fiume. Al suo fianco, i 13 candidati governatori del Pdl, ai quali il premier farà firmare un "patto" governo-Regioni. La colonna sonora dell'evento, come nella Piazza San Giovanni del 2 dicembre 2006, è affidata all'orchestra targata Mediaset di Demo Morselli. A San Giovanni ci sarà anche il debutto dei "promotori della libertà", la nuova guardia scelta che il Cavaliere ha affidato alla Brambilla.

 

Gianfranco Fini, in quanto presidente della Camera, non potrà esserci. Ma nel breafing con i suoi di ieri mattina, al primo piano di Montecitorio, si è raccomandato che la mobilitazione sia massima. Anche per non lasciare spazio alle critiche degli avversari interni. Circoli un tempo di An e dirigenti locali sono stati convocati sabato a Roma. "È una manifestazione elettorale del Pdl, ci saremo e stiamo contribuendo con tutte le nostre forze alla riuscita", chiarisce Italo Bocchino, che sarà presto il responsabile di "Generazione Italia". Nuova creatura finiana che ha gettato il partito nello scompiglio. Il presidente della Camera non ha gradito affatto la fuga di notizie sul suo lancio (il primo aprile) e ha invitato i suoi, per il momento, a concentrarsi sulla campagna elettorale. Soprattutto nel Lazio, con la finiana Polverini in corsa senza il traino della lista Pdl. Nell'entourage del presidente della Camera si fa quadrato su quella che Fabio Granata chiama con molta chiarezza "la nostra corrente". Fini è molto cauto, a colloquio coi deputati di riferimento: "Non sarà un'operazione contro Berlusconi, vogliamo però accendere un Pdl mai realmente vitale sul territorio. Ma mentre FareFuturo fa filosofia, Generazione Italia servirà a chi vuole fare politica".

Il coordinatore berlusconiano Denis Verdini preferisce concentrarsi sul presente. Le future operazioni lo lasciano perplesso: "I nostri elettori stanno aderendo con entusiasmo alla manifestazione del 20, chiamati dal Pdl. Generazione Italia mi sembra che si rivolga, piuttosto, alle classi dirigenti". Il messaggio è chiaro: gli elettori stanno con noi. Detto questo, Verdini è convinto che "sulle regionali la situazione sia aperta: in molte regioni siamo testa a testa, anche in Puglia, Piemonte e nel Lazio. E contiamo molto sull'effetto della manifestazione per rianimare gli ultimi giorni di campagna, contro il rischio astensionismo".

Rinuncia al voto che invece viene caldeggiata da Italiafutura, l'associazione di Luca Cordero di Montezemolo. Nell'ultimo editoriale web si sostiene che "l'astensione può essere lo strumento capace di rompere lo schema", sorta di "obiezione di coscienza nell'attuale contesto politico".

© Riproduzione riservata (17 marzo 2010)

 

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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2010-03-17

Scegli come destinare quei 125 milioni di euro

I politici litigano, le commissioni "vigilano", i cda votano. Ma i talk show restano oscurati. "Il paradosso è quindi che paghiamo il canone al servizio pubblico per non avere informazione, per averla dobbiamo andare sulle reti private (e di chi siano le private si sa). Canone inverso" scrive oggi su l'Unità, Concita De Gregorio.

Ma perché si deve pagare per qualcosa che non si ha? Perché quei centonove euro chiesti dalla Rai a tutte le famiglie italiane in cambio di un "servizio pubblico", in cambio di una informazione che per un mese viene negata, restano tali anche a fronte di un "prodotto" decurtato. Quello che lo Stato italiano, e tutti i suoi cittadini, stipulano con la Rai è un "contratto di servizio", ma se manca il "servizio" non c'è ragione di pagare.

Averli indietro, si sa, è una utopia, allora facciamo così, cominciano a dirsi tra loro gli abbonati: la mia quota per il mese senza talk show, quei 9 euro virgola 083 la Rai li destini a qualcos'altro. Un rapido (nonché approssimativo) conteggio ci dà la misura di quanto potrebbe essere quella cifra: 9 euro moltiplicati per i 14 milioni di abbonati Rai, totale 125 milioni di euro, non proprio bruscolini per un Paese in recessione.

Che ci fareste, dunque, con quei 125 milioni di euro?

Ecco le nostre 10 possibilità, votatele scrivendo nello spazio commenti qui sotto

(a causa della grande partecipazione ci potrebbero essere dei ritardi nella pubblicazione):

1-La scuola: stabilizzare i precari, acquistare materiale (carta igienica, libri, ecc.), mettere in sicurezza gli edifici pericolanti.

2-Il lavoro: una quota per il prolungamento della cassa integrazione ordinaria (appena negato dal governo per mancanza di fondi).

3-Il ripristino del Fus (il contributo che lo Stato destina all'intero settore dello Spettacolo), senza il quale decine di compagnie teatrali, orchestre e produzioni cinematografiche stanno interrompendo l'attività.

4-Le strade del sud, come la Salerno-Reggio Calabria (così se fanno il Ponte sullo Stretto almeno ci si potrà arrivare).

5-Gli acquedotti italiani da riparare.

6-Le piccole opere pubbliche per migliorare la vivibilità delle nostre città (giardini, strade, pulizia, ecc...) oppure uno sconto sulle tariffe di acqua, luce e gas che continuano ad aumentare.

7-La benzina per le auto della polizia per permettere ai nostri poliziotti (e solo a loro) di pattugliare le nostre strade.

8-I servizi di assistenza per le famiglie con componenti non autosufficienti.

9-Le borse di studio per la ricerca scientifica.

10-Un aiuto per L'Aquila, una "mega-carriola" che porti via le macerie dal centro storico, un padiglione dell'ospedale, un nuovo asilo nido.

16 marzo 2010

 

 

 

Minzo "epurator" chi non s’inchina viene silurato

di Natalia Lombardotutti gli articoli dell'autore

Promossi e bocciati. Anzi, epurati. Sono già partite al Tg1 premiazioni e punizioni sulla base della "Minzo’s list": le firme raccolte in redazione sul documento di sostegno al direttore fatta girare la settimana scorsa da alcuni vicedirettori e caporedattori. Ma per l’errore, o la scelta, nel titolo su Mills ("assolto" anziché "prescritto") l’Ordine dei Giornalisti ascolterà Augusto Minzolini venerdì 19.

È stato rimosso lunedì Massimo De Strobel da capo redattore centrale al coordinamento (ruolo di controllo della line svolto per 18 anni) e sostituito dal dalemiano Leonardo Sgura. De Strobel non ha firmato il documento "pro-Minzo", Sgura sì (il Cdr del Tg1 informa che ha chiuso un vertenza per la nomina da "caporedattore ad personam"). Promossi altri due che hanno firmato: Filippo Gaudenzi caporedattore centrale con delega alla cronaca e alla redazione Internet; Mario Prignano, ex Libero assunto due mesi fa come vice caporedattore del politico, premiato a caporedattore responsabile di Internet (ancora senza redazione). Scrisse il primo titolo "Mills assolto per prescrizione" (con un doppio errore, poi il vicedirettore Ferragni lasciò "assoluzione").

"Campagna di ritorsione" verso giornalisti "non omogenei alla direzione", denunciano i due consiglieri Rai del Pd, Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten, in una lettera al presidente Garimberti, sollecitandone un "tempestivo intervento": potrebbe trattarsi di una "grave violazione delle garanzie giuslavoriste" per i dipendenti, e "uno stravolgimento" del Codice etico Rai sulle "politiche del personale".

In vista altre "punizioni". Nel mirino Maria Luisa Busi e Tiziana Ferrario: una delle due dovrebbe lasciare la conduzione del tg alle 20, per lasciare il mezzobusto a Francesco Giorgino (raccolse le firme nella sua stanza). Caporedattore del politico, è il braccio destro di Minzolini: insieme al fratello avvocato, Nicola (candidato a sindaco del Pdl ad Andria) ha accompagnato alla procura di Trani il direttore del Tg1, che è indagato per aver violato il segreto istruttorio, avendo comunicato subito, da Trani, del suo interrogatorio a un collaboratore del premier a Palazzo Chigi.

In previsione altre rimozioni: alle 13,30 Paolo Di Giannantonio con Laura Chimenti e a Francesca Grimaldi (vicine ad An), quest’ultima sostituita nel tg di mezza sera da Alberto Matano (area Udc). Di "mattanza al Tg1" ha parlato il senatore Idv Pancho Pardi in Vigilanza davanti al Dg Rai Masi: "L’unico precario che non ha firmato il sostegno è stato già epurato". Ieri alle 20 il tg ha aperto sulle grida del premier contro la "libertà mutilata" dai pm. Eppure allo stesso Berlusconi un direttore del Tg1 che si muove a "gamba tesa", indagato, potrebbe non essere utile. Tanto che si profila Antonio Preziosi al suo posto: il direttore del Gr Radio, per anni al seguito del premier,fa passare gli stessi messaggi in modo più subdolo ma efficace. Infatti lo ha intervistato lunedì al Gr1.

Oggi di Minzolini-intercettazioni parlerà il Cda Rai. Il Dg Masi dovrà dire se avvierà un’indagine; il consigliere Pdl Verro difende Minzo come "vittima". Il segretario Usigrai Verna attacca il "nervoso pendolare del busto" che "per due volte in un minuto ha dato la notizia, infondata, di non essere indagato. Come può fidarsi chi paga il canone?".

17 marzo 2010

 

 

 

Trani, il Csm apre fascicolo sugli ispettori di Alfano. I Pm fanno muro. Berlusconi straripante contro giudici e opposizioni

Silvio Berlusconi non trova pace. Ogni giorno, ormai più volte al giorno, appare a ripetizione su Tg e Gr, manda lettere e messaggi ai suoi adepti, con un solo e unico ritornello: contri i magistrati, contro le opposizioni, per esaltare se stesso e il suo governo. Anche oggi il suo torrenziale monologo, reso ancor più invadente dal bavaglio ai talk show politici della Rai, ha esondato anche a Studio Aperto, con un lungo collegamento, naturalmente privo di contradditorio, in cui il premier ha tuonato contro i pm di Trani. "La vicenda della procura che controlla il presidente del Consiglio che parla al telefono è un grave segno di una libertà mutilata e offesa". "Ci sono magistrati - aggiunge - che spendono denaro per costose intercettazione a tappeto per ipotesi di reato su ciò che il presidente del Consiglio dice sia in privato sia in pubblico". Le "reiterate azioni della magistratura" sono "volte a sottrarre tempo all'azione del governo" anzi viene da pensare che la "finalità di tali azioni sia impedire al presidente del consiglio di lavorare". Secondo il Cavaliere, manco a dirlo, "gli ultimi accadimenti" a cominciare dalla inchiesta di Trani "confermano l'esigenza di una riforma radicale giustizia che invece viene usata a fini di lotta politica dalla magistratura".

"Gli italiani hanno capito da un pezzo il gioco della sinistra, sempre più scoperto e pericoloso: oltre a insultare e demonizzare l'avversario, cercano di seminare il dubbio dell'astensione per spingere i moderati a non votare", ha aggiunto Berlusconi. "Sono convinto che i moderati reagiranno a questa tendenza e andranno in massa alle urne per difendere legalità e democrazia".

"Noi non accettiamo di andare ad una rissa confusa, al frastuono che tutte le volte Berlusconi solleva. L'alleanza tra magistratura e sinistra è una favola antica che a noi non interessa perchè ci concentriamo su lavoro, scuola, sanità, temi che stanno a cuore ai cittadini", replica Pierlugi Bersani.

Il Cms apre indagine su ispezione di Alfano Finisce sotto la lente del Csm l'ispezione disposta dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, alla Procura di Trani, che ha indagato Berlusconi per presunte pressioni all'Agcom per far chiudere Annozero. Il comitato di presidenza dell'organo di autogoverno delle toghe, ha accolto la richiesta di un intervento avanzata dalla maggioranza dei consiglieri per verificare se vi siano interferenze nelle indagini in corso, affidando la verifica alla Sesta Commissione.

Nella richiesta firmata dai consiglieri si chiede di "accertare, nell'ambito di una consolidata interpretazione fornita dal Consiglio in merito ai rapporti tra segreto di indagine e poteri dell'ispettorato sviluppati con leale collaborazione, le modalità effettive con le quali gli ispettori sono stati incaricati di svolgere l'attività amministrativa parallelamente ad un'inchiesta giudiziaria in corso".

Il fascicolo sull'ispezione dovrà verificare se il mandato degli 007 di Alfano comporta interferenze con le indagini della procura che sono ancora in corso e che hanno coinvolto tra gli altri il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. I consiglieri che hanno sottoscritto la richiesta di un'indagine del Csm (tutti tranne i tre laici del Pdl e dell'Udc) nutrono forti dubbi sulla bontà dell'iniziativa del ministro visto che ha incaricato i suoi ispettori di accertare "fatti e circostanze che riguardano esclusivamente l'attività giurisdizionale" e che dunque sono fuori dai loro poteri di indagine, come la competenza territoriale, l' ammissibilità delle intercettazioni telefoniche disposte, e i motivi della fuga di notizie.

Mancino: non comprimere indagine Ribadire i confini tra l'ispezione ministeriale e l'indagine giudiziaria, indagine che "non può essere compressa" dall'attività degli 007 di via Arenula. Il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, spiega così l'obiettivo della pratica aperta oggi dal comitato di presidenza su richiesta di molti consiglieri e affidata alla Sesta commissione perché verifichi eventuali interferenze dell'ispezione disposta dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in Procura a Trani. "Nella linea del Csm, che è di data antica, abbiamo affidato alla Sesta commissione la questione - riferisce Mancino al termine della riunione dei vertici di Palazzo dei Marescialli - affinché ribadisca i confini tra ispezione e indagine giudiziaria, che non può essere compressa dall'ispezione, ma ci vuole rispetto per l'autonomia e l'indipendenza della magistratura requirente". Il numero due di Palazzo dei Marescialli non anticipa quelli che saranno i prossimi passi sul 'casò: "La questione è ora nelle mani della Sesta commissione", si limita a dire aggiungendo però che gli ispettori hanno "un mandato che la Costituzione delimita con precisa attenzione nei confronti dell'attività di indagine".

Il premier è formalmente indagato dalla procura di Trani nell'inchiesta Rai-Agcom per concussione e per "violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario (articoli 317 e 338 del Codice penale), reati compiuti ai danni dell'istituzione del Garante per le Comunicazioni, l'Agcom.

Anche il direttore del Tg1, Augusto Minzolini è indagato nell'inchiesta di Trani: per violazione dell'articolo 379 bis del Codice penale: "Rivelazioni di segreti inerenti a un procedimento penale". Minzolini non avrebbe osservato il divieto imposto dal

pubblico ministero, Michele Ruggiero, di non rivelare a terzi il contenuto dell'interrogatorio a cui fu sottoposto a Trani il 17

dicembre 2009 nell'ambito delle indagini sulle carte di credito American Express. Nei confronti del commissario dell'Agcom, Giancarlo Innocenzi, anch'egli indagato, la procura ipotizza il reato di favoreggiamento personale (art.378 del Codice penale), in

relazione alle dichiarazioni fatte nel corso di un'audizione dinanzi agli investigatori in cui avrebbe negato di aver ricevuto pressioni da Berlusconi per chiudere Annozero.

Incontro tra pm e ispettori a Bari È iniziata poco dopo le 16 nella sede della Corte d'Appello del Tribunale di Bari l'audizione del pm della Procura di Trani, Michele Ruggiero, da parte degli ispettori inviati dal ministero della Giustizia per capire se si sono verificate delle anomalie nell'ambito dell'inchiesta. Insieme al sostituto procuratore di Trani è arrivato a Bari anche il procuratore capo Carlo Maria Capristo. Due gli ispettori: il capo degli ispettori di via Arenula, Arcibaldo Miller, e una sua collega. Il Pm Ruggiero, titolare dell'inchiesta Rai-Agcom, conferma che gli ispettori del ministero della Giustizia, giunti a Bari per verificare il lavoro dei magistrati, non prenderanno visione del fascicolo che contiene, fra le altre, anche le intercettazioni del presidente del Consiglio sulla vicenda Annozero. "C'è il segreto istruttorio - ha detto Ruggiero in una pausa dei lavori - e quindi ciò che non è stato comunicato ancora agli indagati non può essere comunicato a nessuno, neanche agli ispettori". Ciò nonostante il magistrato ha aggiunto di essere "sereno e tranquillo".

Sull'invio degli ispettori, Alfano ieri ha voluto rassicurare che "vanno a Trani per svolgere il loro lavoro da magistrati perché tali sono". "Non devono, non possono e non vogliono interferire nell'inchiesta, che deve andar avanti", ha aggiunto. "Ma credo che sia un servizio utile alla giustizia, se si accerta come delle talpe abbiano potuto fare filtrare delle notizie sui giornali". "Il reato di rivelazione del segreto d'ufficio è un reato già previsto e punito dal nostro codice penale ma che purtroppo non viene mai ad avere delle condanne", ha ricordato. "Le aspiranti talpe devono sapere che i magistrati le combattono e che non è possibile violare le regole di riservatezza del segreto istruttorio impunemente".

Santoro dai Pm Il conduttore di AnnoZero Michele Santoro è stato ascoltato per circa due ore in procura come testimone. "Per quanto riguarda le pressioni che ci sono state su "Annozero" - ha detto il giornalista all'uscita - credo che siano pressioni di dominio pubblico, che vanno avanti dall'editto bulgaro in poi, basta leggere i giornali e le dichiarazioni pubbliche fatte dal presidente del Consiglio, e non solo, per comprendere quale sia stata la pressione politica esercitata nei confronti della nostra trasmissione perchè non andasse in onda". Rispondendo a chi gli chiedeva se si costituirà parte civile "come è stato detto da alcuni miei collaboratori, ho semplicemente detto di considerare la possibilità da parte mia di valutare la mia posizione di persona offesa".

Berlusconi contro i giudici Berlusconi aveva già tuonato stamattina con una lettera ai Club delle Libertà. "Da quando sono sceso in campo, alla vigilia di ogni sfida elettorale, l'alleanza ormai scoperta tra la sinistra e una parte della magistratura interviene indebitamente nella campagna elettorale per influenzare il voto dei cittadini". "Per questo motivo vi invito a mobilitarvi per il 20 di marzo, quando, tutti insieme, in Piazza San Giovanni a Roma manifesteremo in difesa del nostro diritto a votare, in difesa del nostro diritto alla privacy, per ribadire i risultati del nostro Governo e per far sottoscrivere ai tredici candidati governatori dei precisi impegni di lavoro". "Di fronte a questo ultimo attacco, non possiamo rimanere indifferenti, dobbiamo reagire"

"Berlusconi la smetta di creare polveroni e si occupi delle cose che contano". Pier Luigi Bersani risponde così ai cronisti alla Camera che gli chiedono un commento sulle affermazioni del premier. "Berlusconi -aggiunge il segretario del Pd- deve capire che noi non ci occupiamo di questioni giudiziarie ma cerchiamo di occuparci di politica e dei problemi degli italiani".

"Come fanno tutti i dittatori, Berlusconi non si assume la responsabilità di quel che accade, incolpando gli avversari politici e la magistratura di ordire trame a orologeria. Ma la colpa di ciò che sta avvenendo è solo sua. Tutti sanno che la magistratura si interessa a Berlusconi solo perchè il presidente del consiglio, con pesanti ingerenze e abusi di potere, si intromette in affari e compiti che non gli competono", attacca Antonio Di Pietro.

Un "novello caudillo" che "in maniera singolare, da presidente del Consiglio, invoca la piazza" quando invece dovrebbe occuparsi "dei problemi del Paese". Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd in Senato, giudica così l'atteggiamento di Silvio Berlusconi. Al termine della capigruppo di palazzo Madama, Finocchiaro ragiona: "Berlusconi continua a privilegiare un modello che considera vincente: lui difensore della libertà contro i complotti dei comunisti e dei magistrati. Il premier parla ossessivamente di se stesso, mentre il Paese non entra mai nei suoi pensieri. La disoccupazione, il crollo del Pil, l'aumento del debito pubblico, la chiusura di molte aziende: tutto questo non entra mai nei suoi discorsi".

Il caso Ferri Il Comitato di presidenza del Csm ha convocato per oggi pomeriggio il consigliere Cosimo Ferri, finito nelle intercettazioni dell'inchiesta di Trani. Al Comitato di presidenza Ferri ribadirà probabilmente quello che aveva detto prima ai colleghi del suo gruppo e poi aveva messo nero su bianco in un comunicato: mai dato consulenze legali a Innocenzi su "Annozero", ma solo opinioni personali sui processi mediatici in tv. "Sono molto soddisfatto", ha dichiarato Ferri ai giornalisti al termine della sua audizione davanti al Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli.

Il Comitato di presidenza del Csm non ha deciso ancora se dare il via libera all'apertura della pratica su Ferri. L'organismo presieduto dal vicepresidente di Palazzo dei Marescialli Nicola Mancino, dopo aver ascoltato il consigliere togato, ha rinviato la decisione sulla sua posizione ad un'altra riunione che probabilmente si svolgerà nell'arco di questa settimana. Ferri ha ribadito la liceità delle sue conversazioni telefoniche con il commissario di Agcom Giancarlo e ha lasciato una memoria.

16 marzo 2010

 

 

 

Anche Letta nelle telefonate...

Nelle telefonate agli atti dell'inchiesta di Trani spunta il nome del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Lo scrivono oggi diversi quotidiani che pubblicano il testo di una telefonata dello scorso 3 dicembre nella quale il commissario all'Autorità garante delle comunicazioni Giancarlo Innocenzi informa lo stesso Letta della strategia che doveva portare a 'imbavagliare' le trasmissioni 'sgradite'.

Negli stessi verbali figura una telefonata dello stesso Innocenzi al direttore generale della Rai Mauro Masi nella quale lo informa di aver parlato con Letta di tale argomento. Il Pm di Trani, riporta ancora il quotidiano romano, descrive altre manovre con coinvolgimenti ai massimi livelli da parte del commissario Agcom che, ormai esasperato, per arrivare al presidente della stessa Autorità Calabrò si affida alla mediazione dello stesso Letta: quest'ultimo promette a sua volta a Innocenzi di attivarsi e cercare il presidente Calabrò.

17 marzo 2010

 

 

 

 

La Vigilanza conferma il bavaglio ai talk show. Altroconsumo: class action contro la Rai. Sit-in del Popolo Viola a San Macuto

Il presidente Rai Garimberti aveva chiesto stamattina che la Vigilanza "battesse un colpo"- E la Vigilanza l'ha battuto. Ma nella direzione opposta a quella auspicata da Garimberti, che attendeva una pronuncia dell'organo Bicamerale che consentisse alla Rai di riaprire i talk show politici oscurati. E invece niente: la Vigilanza, a maggioranza, ribadisce il suo regolamento e così i talk show resteranno chiusi fino alle elezioni. Chiaro sul punto Mario Landolfi (Pdl), intervenuto oggi pomeriggio durante l'audizione del direttore generale della Rai, Mauro Masi: "Non c'è nessun problema. La nostra risposta è che c'è un regolamento che va applicato e questa commissione non deve esprimersi ulteriormente". Domani, ha detto Masi, il cda rai si riunirà nuovamente e al consiglio "sarà riportata nel modo più completo possibile la discussione della Vigilanza".Con lo stop ai talk show "la Rai non

perde un euro, perchè gli inserzionisti recupereranno con gli spazi pubblicitari in altri orari" e in ogni caso "l'azienda nel suo complesso stravince negli ascolti", ha detto poi Masi. Per il dg, "da parte del cda non c'è stato alcun rimbalzo, bensì un chiarimento di responsabilità. Non è vero che sono stati sospesi tutti gli approfondimenti - ha sottolineto il dg - ma solo quelli in diretta che l'applicazione del regolamento rendeva impossibili: infatti Report va in onda, e così anche Parla con me e in radio Un giorno da pecora"

Duro il commento del presidente della Vigilanza Sergio Zavoli: "L'opinione pubblica giudica un pò stucchevole questo rimpallo sul regolamento per la par condicio, una querelle, un ribollire di cose, che riproducono sempre la stessa situazione senza venire a capo di nulla". Zavoli ha ribadito che in ogni caso "il regolamento non giustifica l'idea che si possa mettere la mordacchia alle trasmissioni di approfondimento politico", e replicando alle osservazioni del presidente della Rai Paolo Garimberti, ha ricordato che "la Vigilanza aveva già battuto un colpo, chiedendo ai vertici dell'azienda di simulare con urgenza un palinsesto che salvasse i talk show".

Fallita la mediazione di Zavoli Lo stesso Zavoli ha proposto un tentativo di mediazione, fallito a causa della rigidità del centrodestra. Dopo l'audizione di Masi - hanno riferito alcuni parlamentari al termine della riunione - Zavoli ha proposto di votare un documento interpretativo del regolamento: ipotesi però accantonata perchè considerata non percorribile, in quanto la proposta non era stata formalizzata nè messa all'ordine del giorno. Già nel corso dell'audizione del dg Rai, diversi esponenti dell'opposizione avevano chiesto di mettere ai voti una risoluzione che 'svincolassè i talk show Rai, spiegando che il regolamento non obbligava l'azienda a sospenderli. Ma la proposta è stata di fatto bocciata dalla maggioranza: "Determinazioni da aggiungere non ce ne sono", ha ribadito il capogruppo del Pdl a San Macuto, Alessio Butti.

"Questa storia di rimpalli comincia dal regolamento della Vigilanza, che è illegittimo", aveva detto stamattina Garimberti spiegando che lui le trasmissioni le avrebbe riprese lo stesso "anche senza il colpo della Vigilanza. La maggioranza del Consiglio ha voluto così, io mi rimetto alle decisioni della maggioranza. Sia chiaro però - aggiunge - che lo stop dei talk rende un pessimo servizio alla Rai, all'informazione e agli utenti. Ma la colpa non è solo dalla Rai è ab origine e quindi del regolamento". Quando "ci viene detto da Beltrandi - aggiunge - che potevamo andare in onda lo stesso, io rispondo che sì lo potevamo fare ma a rischio. Troppo facile dire potevate andare in onda con il rischio. Mi aspetto che si sblocchi la situazione".

"Se c'era ancora qualche dubbio è stato fugato oggi in Commissione di vigilanza Rai. Facendo mancare il numero legale, la destra ha impedito che si votasse un invito, rivolto alla Rai, a ripristinare nei propri palinsesti i programmi di informazione come Porta a Porta, Ballarò, Annozero e L'ultima parola", dichiara il senatore del Pd Fabrizio Morri, capogruppo in commissione di Vigilanza sulla Rai che così continua: "Contrariamente a quanto affermato in pubblico in queste settimane da parte degli esponenti della maggioranza, e che cioè nessuno voleva chiudere i talk show di informazione politica, la realtà è che avevano già deciso di chiudere tali programmi fin dall'inizio. Dopo la sentenza del Tar sull'emittenza privata, si tratta di un atto gravissimo, del tutto illegittimo e di cui portano la responsabilità la maggioranza del Consiglio d'amministrazione e quella della Commissione di Vigilanza Rai. È una pagina nerissima nella storia del servizio pubblico radiotelevisivo".

Altroconsumo annuncia class action contro la Rai L'associazione "Altroconsumo" - che ha raccolto 5.000 firme a sostegno della petizione per la sospensione del canone Rai - ha annunciato l'avvio di una class action contro la Rai "per mancata fornitura del servizio pubblico d'informazione con lo stop ai talk show". "Gli utenti pagano il canone per poter fruire del servizio d'informazione - si legge in una nota dell'associazione dei consumatori - servizio che è stato sospeso arbitrariamente per decisione del Cda Rai e che invece può essere fornito dalle emittenti private, dopo la bocciatura del Tar Lazio del provvedimento Agcom per Sky, La7 e Mediaset". "Con la class action Altroconsumo chiede il risarcimento del danno subito dagli utenti che pur pagando il canone non possono fruire del servizio pubblico d'informazione - si spiega - sono oltre 5000 gli aderenti alla petizione per la sospensione del pagamento del canone tv su www.altroconsumo.it a sostegno della richiesta di Altroconsumo di ripristino dei programmi d'informazione e in difesa dell'articolo 21 della Costituzione: dalla petizione ora si passa alla class action".

Oggi, dalle 14 in poi, presidio davanti alla sede della commissione parlamentare di Vigilanza contro la "censura ai talk show della Rai. "Vigiliamo sulla Vigilanza" è il titolo dato all'iniziativa promossa dai comitati "Bobi - Boicotta il Biscione", "Articolo 21", "Onda viola" e "Popolo viola". Al sit-in davanti alla Vigilanza ci saranno anche rappresentanti dell'Italia dei valori: "Saremo lì a manifestare per la ripresa dei programmi d`informazione politica", annuncia il senatore dipietrista Stefano Pedica.

A San Macuto è stato ascoltato oggi in audizione il direttore generale della Rai, Mauro Masi, che ieri ha avuto mandato dal cda di acquisire le "valutazioni di competenza" della Vigilanza in materia di par condicio - dopo la pronuncia del Tar del Lazio che ha portato all'annullamento del regolamento per le tv private - e aveva scritto alla commissione affinchè assuma "le eventuali determinazioni" legate alla sua funzione di indirizzo.

16 marzo 2010

 

il SOLE 24 ORE

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2010-03-17

Alfano attacca il Csm

sull'inchiesta Agcom-Rai

"Violata la Costituzione"

16 marzo 2010

Alfano attacca il Csm sull'inchiesta Agcom-Rai "Violata la Costituzione"

"Dai nostri archivi"

Berlusconi indagato a Trani "Un'inchiesta grottesca" Rai conferma stop a talk-show

Pressioni contro Annozero Berlusconi indagato attacca: i pm negano la democrazia

Berlusconi denuncia: "Atmosfera avvelenata"

Minzolini si difende in video: non sarò un direttore dimezzato

L'inchiesta di Trani: martedì atteso nella città pugliese Michele Santoro

È sempre alta tensione tra il premier Silvio Berlusconi e "una parte della magistratura". E in serata il duro scontro istituzionale in atto viene alimentata anche dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che accusa il Csm di "violare la Costituzione".

Al centro delle polemiche l'indagine della procura di Trani che vede indagati lo stesso premier per concussione e minacce, il direttore del Tg1 Augusto Minzolinie il consigliere di Agcom Giancarlo Innocenzi sulle presunte pressioni esercitate dal Presidente del Consiglio per fermare le trasmissioni televisive "Annozero", "Parla con me" e "Ballarò".

Il muro contro muro tra Alfano e il Csm

Il Csm, su richiesta di molti consiglieri, ha affidato alla Sesta commissione l'incarico di verificare eventuali interferenze dell'ispezione disposta dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in Procura a Trani. L'obiettivo di questa iniziativa, ha spiegato il vicepresidente Nicola Mancino, è ribadire "i confini tra ispezione e indagine giudiziaria, che non può essere compressa dall'ispezione, ma ci vuole rispetto per l'autonomia e l'indipendenza della magistratura requirente". In serata la presa di posizione di Alfano: "L'iniziativa del Csm di aprire una pratica contro un'ispezione disposta in base all'art. 107 della Costituzione, in relazione ai fatti che stanno accadendo a Trani, è quanto di più grave si sia mai visto da parte di questo organismo ed è un comportamento inaccettabile che viola la costituzione e vulnera il sistema democratico della divisione dei poteri".

L'arrivo degli ispettori e il "catenaccio" del pm Ruggiero

Nel pomeriggio sono arrivati gli ispettori inviati dal Guardasigilli per accertare, tra l'altro, se ci siano responsabilità della Procura nella fuga di notizie relative all'inchiesta. "Gli ispettori - ha detto a questo proposito il ministro - hanno cominciato a lavorare senza interferire nell'inchiesta per contribuire all'accertamento di quanto accaduto principalmente in riferimento alla presenza di talpe, che ci auguriamo vengano immediatamente individuate e punite".

Una missione iniziata non nel migliore dei modi. Il pubblico ministero di Trani, Michele Ruggiero, nei corridoi della procura generale di Bari (assieme al procuratore Carlo Maria Capristo) in attesa di essere ascoltato dai due ispettori del ministero della Giustizia guidati da Arcibaldo Miller, aveva dichiarato: "L'indagine è sotto segreto istruttorio", quindi "tutto quello che non è stato reso noto agli indagati non sarà reso noto agli ispettori". Poco dopo le 21, dopo circa due ore di colloquio, Ruggiero ha commentato: "È stata un'audizione molto corretta, si è svolta nella massima correttezza".

Berlusconi: "I magistrati impediscono al governo di lavorare"

Per il premier "la reiterata azione della magistratura" nei suoi confronti ha un obiettivo preciso. Ovvero quello di "sottrarre molto tempo all'attività di governo e c'è da chiedersi - dice in un'intervista a Studio aperto - se una delle finalità sia proprio impedire di far lavorare il presidente del Consiglio". Le ultime inchieste, sottolinea ancora il Cavaliere, "confermano l'esigenza di una riforma radicale della giustizia che invece viene usata a fini di lotta politica dalla magistratura".

Non c'è rischio astensione, sostiene il premier

Il premier comunque non vede, per le prossime elezioni, il rischio astensione. "Gli italiani hanno capito da un pezzo il gioco della sinistra che è sempre più scoperto, e sempre più pericoloso: oltre a insultare e a demonizzare l'avversario cercano anche di seminare il dubbio dell'astensione per spingere i moderati a non votare, ma io sono sicuro che tutti i moderati, tutti i riformisti, reagiranno a quella tendenza e andranno in massa alle urne per difendere la legalità e la democrazia". Il Pdl - ha fatto sapere il premier - andrà in piazza il 20 marzo per difendere il diritto di voto ma anche quello alla privacy. "Andremo in piazza, non lo facciamo mai ma - ribadisce il premier - come si dice a Roma "quando ci vuole ci vuole", per reclamare il nostro diritto al voto anche a Roma e per reclamare la nostra libertà di parlare al telefono e non essere spiati".

Bersani: "Ci interessano i problemi degli italiani"

Al premier replicano il leader del Pd Pierluigi Bersani e Antonio Di Pietro. "Berlusconi deve capire che noi non ci occupiamo delle questioni giudiziarie - afferma Bersani -. Stiamo cercando di fare politica e di occuparci dei problemi degli italiani. Quindi smetta di alzare polveroni e si concentri anche lui sulle cose che contano". Di Pietro invece accusa: "Tutti sanno che la magistratura si interessa a Berlusconi solo perchè il presidente del Consiglio, con pesanti ingerenze e abusi di potere, si intromette in affari e compiti che non gli competono. Sono storie squallide che in una democrazia, degna di questo nome, non dovrebbero accadere".

Santoro sentito in Procura a Trani

Intanto questa mattina a Trani i pm che indagano sulla vicenda hanno ascoltato, come persona informata sui fatti, Michele Santoro. Al termine dell'audizione il giornalista non ha voluto fare dichiarazioni sulla deposizione rilasciata ai magistrati. "Non posso fornire alcun elemento - ha spiegato Santoro -, non si possono dare informazioni sul contenuto del colloquio avuto con i magistrati". Poi però sulle pressioni che ci sarebbero state per fermare la sua trasmissione il giornalista ha detto: "credo che siano pressioni di dominio pubblico, che vanno avanti dall'editto bulgaro in poi, basta leggere i giornali e le dichiarazioni pubbliche fatte dal presidente del Consiglio, e non solo, per comprendere quale sia stata la pressione politica esercitata nei confronti della nostra trasmissione perchè non andasse in onda". Il conduttore di Annozero sta inoltre valutando se costituirsi parte civile nel procedimento in corso a Trani sulle presunte pressioni esercitate dal premier.

16 marzo 2010

 

 

 

 

Berlusconi indagato a Trani

"Un'inchiesta grottesca"

Rai conferma stop a talk-show

15 marzo 2010

Berlusconi: "A Trani inchiesta grottesco-mediatica

"Dai nostri archivi"

Alfano attacca il Csm sull'inchiesta Agcom-Rai "Violata la Costituzione"

Pressioni contro Annozero Berlusconi indagato attacca: i pm negano la democrazia

Berlusconi denuncia: "Atmosfera avvelenata"

Minzolini si difende in video: non sarò un direttore dimezzato

L'inchiesta di Trani: martedì atteso nella città pugliese Michele Santoro

Il presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, è formalmente indagato dalla procura di Trani nell'inchiesta Rai-Agcom, con il commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi e il direttore del Tg1, Augusto Minzolini. Lo si è appreso a Trani da fonti vicine alle indagini. È quindi questo il contenuto della risposta che la procura di Trani ha fornito all'istanza presentata stamani dai legali del premier, Filiberto Palumbo e Niccolò Ghedini, che chiedevano se il premier fosse indagato.

I reati oggetto di approfondimento, per quanto riguarda il capo del governo, da parte dei magistratidella procura pugliese sono la concussione e la "violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario " (articoli 317 e 338 del Codice penale), reati compiuti ai danni dell'istituzione del Garante per le Comunicazioni, l'Agcom. Nei confronti di Innocenzi la procura ipotizza il reato di favoreggiamento personale (art.378 del Codice penale), in relazione alle dichiarazioni fatte nel corso di un'audizione dinanzi agli investigatori in cui avrebbe negato di aver ricevuto pressioni da Berlusconi per chiudere Annozero.

Quanto al direttore del Tg1, infine, è indagato per violazione dell'articolo 379 bis del Codice penale: rivelazioni di segreti inerenti a un procedimento penale. Minzolini non avrebbe osservato il divieto imposto dal pubblico ministero, Michele Ruggiero, di non rivelare a terzi il contenuto dell'interrogatorio a cui fu sottoposto a Trani il 17 dicembre 2009 nell'ambito delle indagini sulle carte di credito American Express.

"Se davvero a Trani si prospetta nei confronti del presidente Berlusconi la concussione e la violenza o minaccia a corpo politico, amministrativo o giudiziario - ha commentato in serata Ghedini - si è fuori da ogni logica e in una situazione giuridicamente inconcepibile e intollerabile".

Continua, quindi, a tenere banco l'inchiesta della procura di Trani. Le indagini riguardano presunte pressioni da parte del premier Berlusconi su Giancarlo Innocenzi, commissario Agcom nominato dal centrodestra, per bloccare alcune trasmissioni tv a lui scomode, come Annozero di Michele Santoro. Il premier, che in mattinata ha chiesto tramite i suoi avvocati di sapere se è indagato, ha detto di essere "scandalizzato". "A Trani - ha detto in un'intervista al Gr1 - ci sono state palesi violazioni di legge: è una iniziativa grottesca" che tuttavia "non mi preoccupa affatto" poichè "sono intervenuto a destra e a manca" contro i processi in tv e le mie sono "posizioni non soltanto lecite ma doverose".

A far discutere sia politici che magistrati è poi la decisione del ministro della Giustizia Angelino Alfano di inviare a Trani. La maggioranza dei consiglieri, sia laici che togati, del Csm ha infatti chiesto di accertare se vi siano delle interferenze nelle indagini in corso che riguardano "personaggi politici di rilievo nazionale", chiaro riferimento al premier.

Intanto il cda della Rai, nonostante la recente decisione del Tar del Lazio, ha confermato lo stop ai talk show politici. La decisione è stata presa a maggioranza (cinque voti contro il ripristino dei programmi e quattro a favore). La decisione è stata aspramente criticata dall'opposizione. Soprattutto alla luce della pronuncia del Tar che, accogliendo il ricorso di Sky e Telecom Italia, ha chiesto lo stop al regolamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nella parte che blocca i talk show in periodo elettorale nelle tv private nazionali.

Il cda di viale Mazzini ha contemporaneamente dato mandato al direttore generale, Mauro Masi di acquisire al più presto dalla Commissione Parlamentare per l'Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi le valutazioni di competenza, cui la Rai dovrà adeguarsi. La decisione è stata duramente criticata dai membri nominati dall'opposizione che hanno invece sostenuto le ragioni della ripresa dei talk show: "Esprimiamo il nostro voto contrario - scrivono i consiglieri Rodolfo De Laurentiis, Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten a conclusione del Cda - perché si tratta di una decisione dilatoria che non sana la forzatura di interpretazione del regolamento compiuta quando a maggioranza fu decisa la sospensione di quattro trasmissioni di approfondimento".

Il presidente della Rai, Paolo Garimberti si è detto amareggiato per l'esito della riunione del Cda di oggi. Amareggiato, "per la divisione" evidente in seno al Consiglio, e "per la mancata ripresa dei talk show". Garimberti si era già detto favorevole a riprendere le trasmissioni sospese e ritiene abbastanza frustrante che si sia ancora appesi su questa vicenda, con il tempo che non gioca a favore. Il presidente Rai auspicava che la lettera del presidente dell'Agcom, Corrado Calabrò, recapitata oggi, potesse sbloccare la situazione.

Soddisfatta dalla decisione del cda Rai la maggioranza. A giudizio di Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, "la decisione del Consiglio di amministrazione Rai è corretta sia nel metodo (nel riconoscere che, allo stato, un regolamento c'è, ed è quello, peraltro positivo, approvato dalla Commissione di vigilanza) sia nel merito".

IL PUNTO / La fase finale di un conflitto da cui tutti usciranno sconfitti (di Stefano Folli)

L'inchiesta di Trani: martedì atteso nella città pugliese Michele Santoro

Berlusconi denuncia: "Atmosfera avvelenata"

La riapertura dei talk politici: polemica Zavoli-Garimberti

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15 marzo 2010

 

 

 

La fase finale di un conflitto da cui tutti usciranno sconfitti

16 marzo 2010

Si pensava che la campagna per regionali sarebbe stata avvelenata. Nessuno però immaginava quanto. Ora sappiamo di trovarci in un corto circuito a causa del quale le istituzioni rischiano il collasso. Sarebbe la degna conclusione di lunghi anni in cui il conflitto fra magistratura e potere politico (berlusconiano) si è fatto sempre più crudo, senza produrre mai una soluzione, ma solo ulteriori motivi di scontro e di logoramento. Fino alla marea d'intercettazioni con relative fughe di notizie che stanno sommergendo ogni parvenza di dibattito civile.

Berlusconi, che poche settimane fa aveva definito "talebani" i magistrati, una provocazione che non sembra avergli portato fortuna, oggi subisce i morsi della procura di Trani. Indagato per concussione e minacce, lapidato per l'ennesima volta sul piano mediatico, costretto a descrivere, per difendersi, il paradosso del suo naufragio: "È o no un diritto del presidente del Consiglio parlare al telefono con chiunque senza essere intercettato anche surrettiziamente?".

In questa frase detta al Gr1 c'è il senso perverso di tutto quello che accade. Il premier, che è anche un parlamentare, ha ragione nel rivendicare il suo diritto. Ma il solo fatto che sia costretto a farlo, mentre gli sta piombando sul capo l'ennesima tegola giudiziaria, dimostra la sua debolezza, anzi la sua impotenza. Certo, in nessun altro paese europeo e occidentale sarebbe possibile il caso di un capo di governo messo alla berlina per le sue conversazioni telefoniche finite sui giornali prima ancora che da esse i magistrati di una remota procura fossero in grado di ricavare un'ipotesi di reato. Ma forse in nessuno di quei paesi il governo si sarebbe dedicato per anni a una guerra contro la magistratura condotta con gli anatemi pubblici e con il vittimismo, senza mai una realistica strategia di riconciliazione.

Ora la prospettiva più probabile è che tutti gli attori di questo dramma un po' assurdo escano sconfitti, sullo sfondo di un panorama di macerie. Tutti: Berlusconi, l'opposizione e la stessa magistratura.

Primo. Il presidente del Consiglio è esposto all'ennesimo danno d'immagine. Che si aggiunge a tutti gli altri. Se pure le sue telefonate non configurano reati, come è plausibile, resta l'impressione di un costume malsano. Peggio, resta l'idea di un premier che vorrebbe liquidare i suoi nemici, in questo caso Santoro e "Annozero", ma riesce solo a danneggiare se stesso: incapace di imporre le sue direttive e scrutato dal "grande fratello" elettronico. E tutto questo a pochi giorni da elezioni che non promettono niente di buono al centrodestra (salvo il partito di Bossi nel Nord). È una fotografia impietosa ma veritiera di questa fase del "berlusconismo".

Secondo. L'opposizione ricaverà dalla vicenda qualche vantaggio elettorale. Ma confermerà di essere incapace di una linea autonoma. Berlusconi continua a essere l'alfa e l'omega della politica italiana e la magistratura è il suo nemico mortale. L'opposizione politica si limita a camminare nel solco tracciato dalle procure. Il che, è ovvio, non serve a costruire un'alternativa. Ci si limita a contrapporre una piazza all'altra.

Terzo. Anche la magistratura rischia di uscire sconfitta dalla guerra dei vent'anni. E' riuscita a logorare Berlusconi, ma ha logorato anche se stessa. Soprattutto ha perso credibilità agli occhi dei cittadini, alimentando i peggiori sospetti sugli interventi "a orologeria". Una vittoria di Pirro: ci vorrà tempo per ritrovare il prestigio perduto.

 

 

 

Berlusconi denuncia: "Atmosfera avvelenata"

14 marzo 2010

Berlusconi denuncia: "Atmosfera avvelenata". Il premier oggi alla festa per i 90 anni di Don Verzé (Foto AP)

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L'inchiesta di Trani: martedì atteso nella città pugliese Michele Santoro

Al palazzo di giustizia di Trani, epicentro della nuova polemica politica nata dalle intercettazioni delle telefonate fra Silvio Berlusconi, il direttore del Tg1 Augusto Minzolini e il membro dell'Agcom Giancarlo Innocenzi, è tutto fermo per la pausa domenicale. In attesa di sviluppi, il botta e risposta si rincorre fra Di Pietro che rivendica di essere "temuto" dal premier e il centrodestra che lo addita come "responsabile del clima di odio" che domina il paese.

Il presidente del Consiglio, in realtà, ci tiene a rimarcare la propria distanza dal problema. Oggi è a Milano, a festeggiare i 90 anni di Don Verzé, il fondatore del San Raffaele, e si gode la pausa: "Oggi è una bellissima giornata - ha spiegato -. Sembra che siamo lontani dall'atmosfera avvelenata in cui siamo stati costretti a stare soprattutto negli ultimi giorni" a causa del caos-liste e della nuova inchiesta che arriva dalla Puglia. "Tengo o' core into o' zucchero", ha chiosato con incerto accento partenopeo.

A rafforzare il buonumore del premier c'è anche il caldo elogio ricevuto dal festeggiato, Don Verzé, che ha definito il premier un "personaggio storico nato nella fede cristiana. Lo conosco da anni - ha aggiunto il fondatore del San Raffaele - da quando era giovane: prima come cantautore di crociera, poi imprenditore, e ora come politico di fama mondiale".

Talk politici: polemica Zavoli - Garimberti

L'inchiesta di Trani: martedì atteso nella città pugliese Michele Santoro

14 marzo 2010

 

 

 

 

 

Talk politici: polemica Zavoli - Garimberti

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Il presidente della vigilanza Rai in vista del cda di domani

Basta con "gli errori veri e finti, i diritti calpestati e declamati", che hanno fatto perdere al paese "gran parte del tempo che gli spettava per misurarsi con le proprie idee sulle prossime elezioni". L'auspicio è del presidente della commissione di vigilanza Rai, Sergio Zavoli, che in vista del cda in programma per domani a Viale Mazzini chiede alla Tv di Stato di riaprire i talk show della politica. "Il consiglio di amministrazione - spiega Zavoli - ha il prestigio, il senno e il dovere di fare la prima mossa, con i propri margini di autonomia".

I primi commenti in arrivo dal board Rai, però, non tutt'altro che entusiasti, a partire dalla replica del presidente Paolo Garimberti. "È evidente che sono favorevole alla ripresa delle trasmissioni di approfondimento - ha detto -, ma la commissione di vigilianza avrebbe dovuto e potuto fare la sua parte: convocarsi urgentemente, come ha fatto il cda, per modificare il regolamento applicativo della par condicio". Sulla stessa lunghezza d'onda Giovanna Bianchi Clerici, consigliera in quota Lega Nord: "Il problema è il regolamento - ricorda -; comunque ne parleremo, e sentiremo anche un parere legale per muoverci nel più rigoroso rispetto delle regole come abbiamo sempre fatto".

 

 

 

 

 

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